In un contesto complesso e teso come quello del Medio Oriente, le recenti evoluzioni circa il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah hanno attirato l’attenzione del mondo. La situazione si fa sempre più difficile, in particolare per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, costretto a fronteggiare non solo i conflitti sul campo, ma anche le pressioni di alleati e oppositori interni. Mentre migliaia di libanesi abbandonano le loro case, le decisioni cruciali si fanno sempre più urgenti.
Sul tavolo delle trattative c’è un nome pesante: Itamar Ben-Gvir, il ministro oltranzista che rappresenta gli interessi dei coloni. Insomma, non è solo una questione di diplomazia internazionale ma anche di equilibrio politico interno. Ben-Gvir, infatti, critica duramente qualsiasi passo verso un cessate il fuoco, definendolo un “grosso errore”. Secondo lui, fermare i combattimenti ora significa perdere una straordinaria opportunità di sradicare Hezbollah una volta per tutte.
Ma la vera sfida per Netanyahu è non solo convincere Ben-Gvir, ma anche rassicurare gli abitanti del Nord di Israele, che dopo l’escalation del conflitto con Hamas hanno evacuato in massa. Si stima che circa 60.000 persone abbiano lasciato le loro case 14 mesi fa. Tornare per loro è un grande rischio, motivo per cui il governo israeliano ha deciso di non costringerli a rientrare immediatamente. L’accordo di cessate il fuoco, elaborato con l’aiuto degli Stati Uniti e della Francia, prevede una fase di attuazione di 60 giorni. Ma il futuro rimane incerto e la tensione palpabile.
Nei dettagli del piano, le truppe israeliane avrebbero il compito di ritirarsi e i gruppi paramilitari sciiti dovrebbero muoversi a nord del fiume Litani. Qui, le Forze Armate libanesi, con il supporto dell’UNIFIL, dovrebbero garantire la sicurezza. Tuttavia, gli storici fallimenti di risoluzioni simili sollevano dubbi sull’efficacia di questo nuovo approccio. Se in passato non ha funzionato, cosa cambia ora? La presenza di forze americane e francesi potrebbe fornire quel supporto necessario a sostituire un meccanismo che ha deluso.
Le sue mosse in diretta: un patto delicato
L’ufficializzazione dell’accordo dovrà arrivare da un palco importante: Joe Biden ed Emmanuel Macron sono pronti a fare un annuncio. Netanyahu, col desiderio di non concedere tutto il merito al presidente francese, si trova in una posizione scomoda, specialmente dopo che la Francia ha sollevato preoccupazioni legate a potenziali crimini di guerra. Non a caso, i mandati di cattura emessi dalla Corte penale internazionale hanno creato anche tensioni diplomatiche. Mentre l’Eliseo minaccia di agire contro Netanyahu, la situazione si complica ulteriormente.
John Kirby, portavoce alla Casa Bianca, sottolinea come le discussioni siano ancora in corso. Secondo le ultime indiscrezioni, ci si aspetta che il cessate il fuoco possa partire entro le prossime 36 ore. Nonostante ciò, le forze in campo continuano a colpirsi a vicenda. Israele sta intensificando i suoi raid aerei, bombardando addirittura Beirut, e Hezbollah non è da meno con il lancio massiccio di razzi. La battaglia si fa sempre più intensa in questi ultimi istanti, un momento cruciale per i due contendenti.
Una popolazione in fuga: un milione di profughi in Libano
Le conseguenze di questo conflitto non possono essere sottovalutate. La crisi dei rifugiati libanesi è già una triste realtà, andandosi a sommare alle altre numerose difficoltà. Circa un milione e duecentomila persone con le loro famiglie hanno abbandonato le loro dimore, costretti a fuggire dalla violenza e dall’incertezza. Un numero spaventoso che testimonia quanto possa essere devastante una guerra.
Israele ha continuato a mantenere una certa libertà d’azione, come desiderato da Netanyahu, per contrastare Hezbollah in caso di riposizionamento lungo la frontiera. Garanzie sarebbero state fornite dagli Stati Uniti: una mossa che potrebbe acuire ulteriormente le tensioni. Naim Qassem, leader del gruppo armato iraniano, pare accettare di scindere questo accordo dalla questione di Gaza, dove le vittime palestinesi hanno ormai superato i 40.000.
È emblematico come i secondo di Hezbollah abbiano dovuto seguire gli ordini di Hassan Nasrallah, intervenendo in supporto agli “amici” palestinesi. Il conflitto quindi non accenna a placarsi; al contrario, potrebbero intensificarsi le tensioni con l’Iran. La spirale di violenza potrebbe quindi continuare, mantenendo accesa la miccia in questa regione così delicata e sempre sotto osservazione. Il destino di migliaia di vite è in bilico, all’interno di una lotta che sembra non trovare pace.