La recente sentenza della Corte di Cassazione riguardante il tragico disastro di Rigopiano, avvenuto il 18 gennaio 2017, ha sollevato un notevole interesse mediatico e ha riaperto un dibattito acceso sulle responsabilità legali legate a questa tragedia. Romolo Reboa, avvocato delle famiglie delle vittime, ha espresso le sue impressioni su una decisione che lui definisce “clamorosa”. La questione è cruciale non solo per le famiglie colpite, ma anche per la Regione Abruzzo, che si troverà ad affrontare nuove responsabilità legali e risarcitorie.
Romolo Reboa, legale che rappresenta alcune delle famiglie delle vittime, ha descritto la sentenza della Corte di Cassazione come un momento senza precedenti. La Corte ha sollevato interrogativi significativi nelle attese delle famiglie e ha riconsiderato le responsabilità di vari enti locali, in special modo della Regione Abruzzo. Reboa ha sottolineato che “non c’è una parola fine”, riferendosi al fatto che la questione giuridica è tutt’altro che conclusa. Il legale ha aperto un discorso sul fronte risarcitorio, che si preannuncia complesso e denso di possibilità.
In effetti, le aspettative legate a questo caso sono sempre state altissime. Le famiglie delle vittime hanno agito con fermezza, chiedendo giustizia. Ora, con questa nuova sentenza, il processo per l’indennizzo potrebbe finalmente muovere alcuni passi avanti, evidenziando chiaramente come la Regione deve assumersi le proprie responsabilità. La situazione delle famiglie non è solo una questione di giustizia, ma una battaglia anche umana e sociale che merita attenzione.
Reboa ha poi chiarito come ciò che sono state presentate come “assoluzioni” siano in realtà un annullamento di sentenza, che rimanda alla Corte di Appello di Perugia. È un aspetto decisamente cruciale da comprendere, poiché getta ombre di incertezza sul destino degli imputati, tra cui il sindaco di Farindola. La questione è complessa, poiché potrebbe arrivare la prescrizione, cosa che dotrebbe neutralizzare parte del processo giuridico. Le famiglie delle vittime temono che taluni reati possano cadere in prescrizione prima che si possa giungere ad una sentenza definitiva.
Il legale ha anche trattato dell’omicidio colposo, evidenziando che “la prescrizione si avrà forse entro la prima udienza”. Questo porta a considerazioni quanto mai drammatiche: se alcuni imputati riuscissero a sfuggire alla giustizia, sarebbero tanti i familiari che si sentirebbero abbandonati. È un tema spinoso, che scava nelle ferite ancora aperte e in un dolore che, nonostante il passare del tempo, resta presente e palpabile.
Romolo Reboa ha anche parlato di come le famiglie non possano dirsi soddisfatte della situazione attuale. Secondo il legale, un giudizio di condanna non rappresenta giustizia: “essere soddisfatti di una sentenza, anche di condanna, vuol dire parlare di vendetta”. Queste parole fanno riflettere sul fatto che per le famiglie il desiderio di vedere un giusto risarcimento e delle conseguenze per chi ha responsabilità va oltre il semplice esito processuale. Le loro vite sono state segnate dal dramma, e il senso di giustizia per loro è di fondamentale importanza.
“Questa è la sentenza, così ha deciso la suprema corte e la suprema corte è la suprema corte”, ha concluso Reboa, esprimendo un senso di impotenza rispetto al protrarsi di una vicenda che ha già determinato sofferenza. Le famiglie, ormai, vivono un’eterna attesa di verità e di giustizia. È evidente che la strada verso un esito soddisfacente è ancora lunga e lastricata di incognite, e l’eco di questa tragedia continua a rimanere vivo nelle memorie di chi ha perso.