Quando si parla di giornalismo e inchieste, spesso ci si imbatte in questioni di stile, sostanza e approccio. Si sollevano interrogativi sul confine tra informazione e intrattenimento, tra serietà e leggerezza. Questo dibattito si fa ancora più acceso quando i protagonisti delle inchieste si presentano in modi che possono sembrare più un’opportunità per fare spettacolo piuttosto che un impegno nel raccontare la verità. La recente discussione che ha coinvolto il popolare programma “Report,” e in particolare il suo giornalista conduttore, Ranucci, solleva questioni importanti sullo stato attuale del giornalismo nel nostro paese.
Nel mondo contemporaneo, la distinzione tra inchiesta e gossip si fa sempre più labile. Con attività di allusioni e abbreviazioni di informazioni, i metodi utilizzati per lanciare un’inchiesta possono apparire poco rispettosi nei confronti del vero lavoro giornalistico. Il presentare un’inchiesta con un certo tono giocoso – come può accadere in alcune occasioni con sorrisetti e allusioni – potrebbe, o meglio dovrebbe sollevare qualche dubbio. Ma allora, è possibile che stiamo assistendo a un degrado di ciò che significa far informazione? Questo tipo di approccio sembra più vicino ai teatri dell’intrattenimento piuttosto che alle aule del crudo giornalismo investigativo.
A volte c’è la sensazione che il vero scopo di alcuni programmi sia più quello di attrarre spettatori piuttosto che portare avanti un’autentica inchiesta. Si rischia di ridurre la serietà di un’indagine a un contenuto da consumo veloce, esattamente come si gestisce una possibile notizia per scatenare il gossip. Quest’ottica riduce di molto il rispetto per le opinioni e le realtà che richiederebbero invece una presentazione più ponderata e sobria.
Oltretutto, l’influenza dei social media complica ulteriormente le cose. Aziende mediatiche e giornalisti si trovano spessissimo a dover fare i conti con la pressione di attrarre clic e visualizzazioni. È quindi fondamentale interrogarsi sulla direzione che sta prendendo il giornalismo: stiamo più parlando di “fare inchiesta” o di “vendere gossip”? Quando il confine diventa così sottile, non si può fare a meno di domandarsi quale posto occupino le notizie vere e la vera informazione.
Ranucci e il dilemma dell’informazione
Il lavoro di Ranucci e del suo team in “Report” gode di una solida reputazione per trattare temi seri e importanti, peraltro sviscerando problematiche di rilevanza pubblica. Tuttavia, quando l’approccio utilizzato scivola sul versante del chiacchiericcio e della leggerezza, diventa difficile non interrogarsi sul vero valore che si vuole dare al contenuto. Sottolineare aspetti che poco hanno a che vedere con il merito dell’inchiesta stessa sembra più un modo per ottenere attenzione che un modo per raccontare la verità e attrarre l’interesse genuino del pubblico.
Un certo tipo di presentazione può infatti sviare l’attenzione dai veri contenuti, dal messaggio che si vorrebbe veicolare all’audience. Se il Ministero della Cultura, ad esempio, è coinvolto in certe tematiche, ci si aspetta forse un linguaggio più sobrio, un approccio che sappia equilibrare l’informazione senza scadere nell’improvvisazione. Non è raro che le modalità di lancio di inchieste di tale rilevanza portino con sé dei rischi; il pericolo di sminuire un’inchiesta seria è sempre in agguato. È un dialogo delicato quello fra il rispetto per le istituzioni e l’esigenza di attrarre l’attenzione del pubblico.
La questione dell’intrattenimento nel giornalismo
Infine, viene da chiedersi: come si può capire dove si trova il confine tra un’informazione responsabile e uno spettacolo vuoto? La tendenza generalizzata del giornalismo moderno è sempre più orientata verso l’intrattenimento. Con l’espansione del panorama multimediale, chi consuma notizie può essere sempre più tentato a preferire contenuti più leggeri e facili, perdendo di vista la sostanza e la gravità dei fatti.
Il risvolto tragico è che in quest’epoca di melting pot informativo, possa scivolare dalle mani la vera essenza del giornalismo: raccontare la verità, dare voce a chi non ce l’ha e permettere che i fatti parlino per sé stessi. Alla fine, se il dibattito può sembrare una mera questione di stile, in realtà nasconde un interrogativo cruciale sulla direzione futura del nostro sistema informativo. Se non ci si pone rimedio, il rischio è di arrivare a una situazione in cui il gossip prevale sulla necessità di un’informazione solida e critica.