Quando si parla di fitness e allenamento, una frase che ricorre spesso è “No pain, no gain”. Questo antico proverbio anglosassone suggerisce che, per raggiungere obiettivi di successo, sia necessario sacrificare qualcosa, in genere fatica o dolore. Oggi divenuta una sorta di mantra per chiunque desideri ottenere risultati dall’attività fisica, questa espressione è al centro di varie interpretazioni, soprattutto nel contesto dell’allenamento con i pesi. Ma quanto dolore è davvero necessario provare per ottenere benefici? Le opinioni degli esperti offrono un quadro più sfumato e stimolante.
Quando si discute di allenamento, uno dei concetti più controversi è quello di allenarsi “fino all’esaurimento“, o training until failure. Questo significa spingersi a fare ripetizioni di un esercizio finché non si è più capaci di eseguire un movimento. Alcune ricerche recenti mettono in luce che questo tipo di allenamento potrebbe non essere necessario per tutti. Recenti studi, come quello condotto da Michael Zourdos della Florida Atlantic University, hanno esaminato 55 articoli scientifici sul tema, giungendo alla conclusione che sollevare pesi fino al limite può portare a muscoli più grandi, ma non è l’unico modo per aumentare la forza.
Zourdos sottolinea che chi esercita regolarmente potrebbe benissimo ottenere risultati significativi anche senza spingere il proprio corpo a un punto di sfida estremo. In effetti, per la persona media in cerca di miglioramento fisico, ottenere risultati può risultare più semplice di quanto si pensi. Egli consiglia di lavorare duramente ma senza necessariamente arrivare all’esaurimento completo, poiché così facendo, molti potrebbero rischiare di saltare le sessioni di allenamento successive a causa della stanchezza o del dolore eccessivo.
Mentre l’idea di allenarsi “fino all’esaurimento” può sembrare attraente per alcuni, ci sono dei rischi collegati. Uno dei più gravi è la rhabdomiolisi, una condizione pericolosa in cui i muscoli danneggiati iniziano a disintegrarsi, causando potenzialmente danni ai reni. Questo è un campanello d’allarme di quanto possa essere estremo spingersi troppo oltre. L’esperto di scienze sportive James Fisher, per esempio, indica che molte persone non sono particolarmente predisposte a lavorare fino all’esaurimento. Molti infatti preferiscono un approccio di allenamento che consenta di essere costanti nel tempo.
Fisher fa notare che, con un lavoro intenso e mirato, non è necessario passare ore in palestra. Se il tempo scarseggia, basta intensificare l’impegno per avere comunque dei benefici. È importante quindi riconoscere come spingere i muscoli a un determinato livello porti a risultati tangibili senza il rischio di affaticarsi eccessivamente. Per ottenere un buon allenamento, l’ideale è trovare un equilibrio, facendo in modo che ogni sessione di allenamento sia utile e sostenibile nel tempo.
In ultima analisi, sebbene ci siano vantaggi nel failure training, gli esperti concordano che il miglior piano di allenamento è quello che una persona è veramente in grado di seguire. Infatti, la forza allenata in modo adeguato può migliorare non solo le prestazioni fisiche, ma anche la qualità della vita e la longevità. Fisher consiglia di includere il “failure training” solo in alcune sessioni e conservare un approccio equilibrato, con il giusto riposo tra gli allenamenti. Se ci si allena in modo intelligente, cominciando a conoscere il proprio corpo e le proprie capacità, è possibile trarre il massimo da ogni allenamento.
Insomma, la chiave del successo nel fitness sembra essere quella di focalizzarsi sulla qualità dell’allenamento piuttosto che sulla quantità di dolore provato. Con la giusta attenzione, ognuno può trovare il proprio modo di allenarsi che sia efficace, sicuro e, soprattutto, sostenibile nel tempo.