Un fenomeno mondiale sta conquistando i social network: la corsa al selfie nei luoghi più iconici
Ovunque ci si trovi, sembra che il principale obiettivo dei visitatori sia immortalare il proprio volto accanto a monumenti storici e opere d’arte. E Roma, con la sua straordinaria bellezza e ricchezza culturale, non fa certamente eccezione. Qui, i turisti sono disposti a trascorrere lunghe ore in fila, tutto per scattare la foto perfetta in luoghi memorabili. A chi non è capitato di imbattersi in quel fenomeno così diffuso?
In un’epoca dominata dai social, il selfie è diventato molto più di un semplice scatto. È una forma di connessione, un modo per testimoniare esperienze e avventure. Nella Chiesa di Sant’Ignazio, ad esempio, i visitatori si affollano sotto gli affreschi di Andrea Pozzo, creando una coda interminabile per avere l’opportunità di posare con uno specchio. Lo scopo? Condividere su Instagram o TikTok quel momento unico, talvolta senza neppure aver approfondito la bellezza artistica dell’opera che stanno ammirando. È un modo per affermare la propria presenza nei luoghi più celebri del mondo, ma quanto di tutto questo viene realmente assimilato?
C’è un paradosso curioso nel modo in cui i turisti, siano essi romani o stranieri, affrontano le esperienze artistiche e culturali. I romani stessi, spesso, sono ignari delle meraviglie che caratterizzano la loro città. Tuttavia, quando viaggiano all’estero, si mettono in coda nei musei, come al Louvre, senza tuttavia avere una vera consapevolezza delle opere d’arte che stanno per ammirare. La Gioconda, per esempio, è un’icona da fotografare, non tanto per la sua importanza storica, ma per la sua fama globale. Assistiamo quindi a una sorta di culto per le celebrità artistiche, dove l’obiettivo è posare accanto a questi “VIP” dell’arte, piuttosto che immergersi nella loro storia e significato.
Ma cosa succede quando il momento dell’effimero scatta e la foto è condivisa? Il turismo culturale, così come si presenta oggi, è ridotto a un’immagine da pubblicare. La tendenza attuale è quella di vedere opere d’arte e monumenti come semplici scenari che servono a far brillare il proprio profilo social, piuttosto che come risultati di un patrimonio culturale che meriterebbe una riflessione più attenta e profonda. Certamente, il turismo di massa ha un ruolo significativo nell’economia, spingendo il consumo e la scoperta di nuove realtà. Ma c’è il rischio che si riduca tutto a un’esperienza superficiale, dove il valore intrinseco dei luoghi viene oscurato dalla frenesia di una foto.
In questo nuovo contesto, si evidenzia l’esigenza di riconsiderare la nostra relazione con l’arte e la cultura. Imparare a guardare oltre il selfie e scoprire davvero cosa c’è dietro le opere. A volte, abbandonandosi a una visita senza ingombri digitali, si possono fare le esperienze più autentiche che, ovviamente, meritano di essere vive e sentite.