L’intersezione tra arte e natura ha preso piede in diversi ambiti culturali negli ultimi tempi. Questo binomio viene esplorato non solo attraverso opere d’arte, ma anche attraverso eventi, pubblicazioni e ricerche artistiche. In un panorama in cui la biodiversità e la sensibilità ecologica sono temi centrali, molti artisti e curatori si approcciano a queste tematiche sia in modo creativo che critico. Tuttavia, la questione di come trattare l’argomento non sempre raggiunge livelli di efficacia desiderati e talora rappresenta un approccio superficiale piuttosto che una séria riflessione. Oggi, daremo uno sguardo più da vicino a una mostra che si distingue per il suo intento consapevole e attuale.
Una delle mostre più interessanti è “Mutual Aid”, tenuta al Castello di Rivoli durante l’Art Week di Torino. Qui, il lavoro dei curatori Francesco Manacorda e Marianna Vecellio risulta evidente. La non facile location, la Manica Lunga, fa da sfondo a un percorso espositivo che cerca di riflettere il pensiero del filosofo e naturalista russo Pëtr Kropotkin. Le sue teorie, esposte nel famoso saggio “Il mutuo appoggio”, pongono in luce l’importanza della cooperazione nella natura, contrapposta alla concezione classica darwiniana della competizione. Kropotkin sostiene che la sopravvivenza delle specie sia più legata alla collaborazione piuttosto che alla lotta. Si tratta di un cambiamento di paradigma che invita a riconsiderare come vediamo il mondo intorno a noi. I curatori, dunque, si sforzano di tradurre questo concetto complesso in una serie di opere d’arte esposte nel corridoio.
Il tema centrale di questa mostra quindi non è solo l’interazione umana con la natura, ma l’idea di come l’arte possa fungere da veicolo e amplificatore di un messaggio più ampio che parla di interdipendenza. Attraverso esperimenti visivi e installazioni, gli artisti cercano di comunicare un messaggio di speranza e consapevolezza ambientale. Così, diventa interessante osservare come i visitatori possano non solo ammirare le opere, ma anche essere stimolati a riflettere sul loro rapporto con l’ambiente che li circonda.
Nell’ambito della mostra, gli artisti invitati includono nomi di spicco come Giuseppe Penone e Agnes Denes, insieme a nuove scoperte artistiche come Caretto/Spagna. Penone espone opere che celebrano la vita arborea, mentre Denes, considerata un pioniere, ha realizzato un grande campo di grano nel cuore di Manhattan molti anni fa. Entrambi scommettono sull’idea che la natura possa essere un attore principale nella nostra comprensione di noi stessi e delle nostre azioni. D’altra parte, nuovi progetti come quello di Maria Thereza Alves, che si concentra sulla creazione di nidi per insetti, mostrano quanto possa essere profondo il legame tra arte e scienza, tra creazione e biologia. Non solo intrigante dal punto di vista visivo, ogni opera è carica di significati che invitano a una riflessione più profonda.
Anche il video di Nicolas Mangan si distingue, mostrando l’allarmante sbiancamento della barriera corallina australiana. È forse un momento cruciale per riflettere su come l’arte possa mostrare non solo la bellezza della natura, ma anche le minacce che essa affronta. L’intento di fondere esteticamente queste opere con il messaggio ecologico è una scelta voluta, per incoraggiare il pubblico a sentirsi parte di questa narrazione. Dipingere con la luce ciò che rischiamo di perdere è un compito arduo ma essenziale e la mostra al Castello di Rivoli cerca di prenderselo a cuore.
L’aspetto che emerge prepotentemente è quindi quello della riconnessione tra uomo e natura. Alcuni critici si chiedono se opere come quelle di Michel Blazy, che utilizza i segni lasciati da una lumaca, possano veramente curare le ferite del nostro rapporto conflittuale con l’ambiente. Anche artisti come Lois Weinberger, il quale ha portato avanti opere che uniscono il giardinaggio e l’arte, contribuiscono a questa discussione. La sua idea di “giardino come opera d’arte” provoca interrogativi sul valore della natura rispetto alla creatività umana. L’arte si può quindi trasformare in un mezzo per interrogare e rivedere la nostra percezione del mondo.
Discutere di arte e natura oggi significa entrare in un campo di tensione, dove le ideologie si intrecciano e si confrontano. La mostra “Mutual Aid” invita a riflettere sul fatto che sebbene il nostro approccio sia spesso frammentato, l’arte può diventare un potente strumento per sollevare interrogativi e suscitare risposte. La ricerca di relazioni tra specie, di interconnessioni tra biosfera e produzione artistica, diventa un imperativo per costruire un futuro più armonioso. Attraverso un percorso di pensiero critico e creativo, possiamo iniziare a comprendere l’impatto delle nostre azioni e il valore della collaborazione nel promuovere un mondo più sostenibile e attento.