Secondo il Fisco la prima casa può essere oggetto di pignoramento, se non vengono rispettati certi parametri. Leggi qui!
Mettere da parte un patrimonio sufficiente per pagare le spese di acquisto e mantenimento della prima proprietà è difficile e impegnativo, come sa bene chi lavora.
Qualsiasi adulto è sicuramente orgoglioso della sua prima casa, in quanto questo si correla alla capacità di garantire per la propria autonomia finanziaria e autosufficienza a lungo termine.
Potere aggiuntivo acquisito è la capacità d’acquisto, in un contesto in cui, sfortunatamente, acquistare una casa sta diventando sempre più difficile, anche fittarla.
Tutte le leggi relative al mantenimento della prima casa sono regolate dall’Agenzia delle Entrate. Quindi, quando la prima casa può essere pignorata? Quali errori gravi vengono compiuti perché ciò avvenga?
Cosa dice la legge
Il tema del pignoramento della prima casa in Italia è disciplinato nello specifico dall’articolo 76 del D. P. R. n. 602/1973, il quale delinea le condizioni di applicazione della relativa protezione. La normativa prevede una salvaguardia nei confronti del pignoramento dell’immobile adibito a prima casa, ma tale protezione si applica esclusivamente in specifiche circostanze.
Essa scatta unicamente nel momento in cui il creditore è rappresentato dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER). Qualora il creditore sia un’entità privata, come ad esempio una banca, l’immobile non gode di tale protezione e può quindi essere oggetto di pignoramento. Ulteriore requisito è che l’immobile in questione deve essere l’unica abitazione del debitore: nel caso in cui il debitore possieda altre proprietà immobiliari, la protezione non si applica, anche se si tratta della residenza principale.
Le sentenze da leggere
La protezione è limitata agli immobili classificati come civile abitazione, escludendo dunque le proprietà di lusso come ville o castelli. È necessario inoltre che il debitore risieda nell’immobile al momento del pignoramento; in assenza di residenza, l’abitazione può essere pignorata. Un’altra condizione imprescindibile è che l’ammontare del debito non superi i 120. 000 euro.
La Corte di Cassazione ha emesso a questo proposito numerose sentenze che chiariscono l’applicazione di tali disposizioni. La sentenza n. 19270/2014 ha confermato che il divieto di pignoramento si estende anche ai procedimenti già in corso al momento dell’entrata in vigore della Legge n. 69/2013. La sentenza n. 30342/2021 ha precisato che la protezione non si estende alle misure cautelari nel caso di reati tributari. Infine, la sentenza n. 9479/2023 ha stabilito che i debitori possono contestare la legittimità del credito, il che consente di sospendere il pignoramento in presenza di clausole vessatorie nei contratti bancari.