Un nuovo squarcio si apre nel panorama politico europeo, particolarmente sotto la luce della visita di Viktor Orban a Tbilisi. La tensione tra Budapest e Bruxelles cresce, mentre la questione georgiana si fa più complessa. Le recenti elezioni in Georgia, che hanno portato al potere i filo-russi di Sogno Georgiano, non sono state riconosciute dall’Unione Europea, e ciò potrebbe scatenare una serie di ripercussioni in tutta l’area del Caucaso e non solo.
Orban, il premier ungherese, si è recato in Georgia in un momento decisivo, a sole poche ore dalla vittoria di Sogno Georgiano. Questa frattura con Bruxelles non accenna a chiudersi e l’atteggiamento burbero di Orban suggerisce un nuovo capitolo di tensione. Già dalle prime interazioni con i leader georgiani, il premier ungherese ha speso parole al miele, definendo le elezioni come “libere e democratiche” anche se il risultato premia forze politiche non proprio in linea con gli interessi dell’Unione. “Il governo in Georgia è eletto dal popolo, non dall’UE,” ha sottolineato con chiarezza.
La situazione si fa più delicata. Orban ha avviato una serie di attacchi diretti verso le istituzioni europee e i loro leader, accusando Ursula von der Leyen di essere alla guida di una sorta di commissione per rovesciare il governo ungherese. Queste affermazioni, che suonano come esplicite provocazioni, rischiano di trascinare Bruxelles in un confronto che potrebbe rivelarsi molto dispendioso dal punto di vista diplomatico. La presenza di Orban in Georgia, così come le sue dichiarazioni, non possono essere considerate come un semplice episodio isolato: si delinea invece uno scenario di alleanze che potrebbe scuotere le fondamenta dell’Unione.
Nel prossimo summit dell’Unione Europea, in programma a Budapest l’otto novembre, il tema Georgia sarà in prima linea nell’agenda. Charles Michel, il presidente del Consiglio Ue, ha già fatto sapere che il dossier sulla Georgia sarà centrale, lasciando presagire a possibili nuove tensioni. Entro quella data, l’Unione si prepara a un possibile cortocircuito politico, il che potrebbe causare un ulteriore allontanamento di Budapest dagli assetti di Bruxelles.
Dopo vari lanci di avvertimento sulle conseguenze di un rifiuto di riconoscimento delle elezioni, l’Unione dovrà aspettare i risultati ufficiali dai riconteggi, decisi dalla Commissione elettorale centrale. Ma quanto può durare questa strategia di attesa? Con l’Unione che è già in una fase di instabilità, il caso della Georgia diventa un’altra tessera in un puzzle sempre più complesso, un puzzle che coinvolge anche le correnti interne dell’Eurocamera. Il governo di Orban, che continua a vivere sotto la minaccia di un congelamento dei fondi europei, si trova ora a fare i conti con un’Assemblea sempre più turbolenta.
Mentre i rapporti tra Budapest e Bruxelles si deteriorano, una riflessione sulle dinamiche internazionali è necessaria. Un’eventuale vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni statunitensi potrebbe rafforzare ulteriormente la posizione di Orban, rendendolo un alleato strategico per chi ambisce a ostacolare l’ordine consolidato dell’Unione. La sua amicizia con Mosca e con gli altri oppositori dell’Ue sparsi per il mondo potrebbe non solo intensificare la sua influenza a livello regionale ma anche mandare onde d’urto fino alle porte di Bruxelles.
Le serate di riflessione sui temi della competitività e della coesione europea non riescono a disegnare scenari rassicuranti. Con i 27 membri già lontani tra loro e simbolicamente isolati, la questione della Georgia e le sue implicazioni ricadono direttamente sugli equilibri interni dell’Eurocamera. Quando il Ppe cerca alleanze con i sovranisti, agitando un possibile voto insieme a Orban, la risposta da parte delle fazioni socialiste e liberali è stata di allerta. Si avverte sempre di più l’impressione che non ci si trovi solo di fronte a dissapori istituzionali, ma a una vera e propria ristrutturazione dei rapporti di forza tra gli Stati membri.
L’aria che si respira è tesa e i prossimi sviluppi nella politica europea potrebbero rivelarsi decisivi per il futuro della stessa Unione.