E’ stato dimostrato che le competenze digitali della gen Z non siano così spiccate come si è soliti pensare. Come si riflettono queste mancanze nel mondo lavorativo?
Cominciamo con il chiarire un punto fondamentale: chi sono i “nativi digitali”? Con questa definizione si includono tutte le persone nate in un periodo durante cui le innovative tecnologie digitali erano già esistenti e diffuse, avendo avuto la possibilità di entrarvi in contatto fin dall’infanzia.
L’origine del termine è da attribuire allo scrittore ed educatore Marc Prensky, che ha evidenziato come i “nativi digitali” siano stati in grado di sviluppare un modello apprenditivo totalmente diverso, conseguito proprio dall’esposizione precoce alle apparecchiature tecnologiche.
Le ore che questi ragazzi dedicano all’attività online è in forte crescita già da svariati anni. Secondo stime, si attesta che circa 171 minuti della giornata vengano impiegati nella navigazione sui social network, nell’intrattenimento, comprendente piattaforme video, streaming ma anche giochi mobile, nonché ovviamente l’uso di chat.
I nativi digitali si distinguono, in particolare, per la loro capacità di interagire con più schermi, anche contemporaneamente. E’ naturale pensare che all’interno di tale generazione rientrino i facenti parte della Gen Z, ma anche i millenials, nati a cavallo tra gli anni 80 e 90.
Le competenze effettive corrispondo alle conoscenze?
Eppure è stato dimostrato secondo recenti studi che gli appartenenti a questa generazione, pur essendo nati in una società già completamente assoggettata alle tecnologie digitali, non possiedano reali competenze tecniche in materia. La maggior parte dei soggetti attenzionati non è nemmeno in grado di utilizzare una tastiera fisica senza mantenervi continuativamente il contatto. Ciò vuol dire che la famigliarità e la conoscenza, non per forza devono tradursi in capacità e competenze attestate ‘sul campo.
Il motivo di questo sorprendente risultato è da ricercarsi in quelle che sono le abitudini casalinghe, scolastiche e non solo, dei ragazzi facenti parte della generazione Z. Ad esempio, al giorno d’oggi addirittura il 39% dei compiti scolastici viene assegnato tramite dispositivi mobili, portando le persone a disabituarsi alla scrittura rapida sulle tradizionali tastiere fisiche, oltre che rappresentare un ostacolo per imparare questa pratica qualora non si avesse totalmente familiarità.
A cosa possono portare tali lacune?
Indubbiamente si tratta di elementi che procureranno implicazioni significative per il loro futuro lavorativo. La mancanza di un’adeguata abilità nel campo digitale, in un ambito dove la velocità, l’efficienza e la precisione nella scrittura rappresentano il punto cardine, potrebbe portarli ad assumere una posizione di svantaggio rispetto alle precedenti generazioni. Settori alla ricerca costante di forza lavoro come l’ambito comunicativo o marketing, esigono precisione e rispetto dei tempi, per cui la rapidità può rivelarsi un fattore a favore o a sfavore – dipende dai casi – per il lavoratore.
Un’inferiore e più rallentata produttività si traduce inevitabilmente nell’essere meno competitivi in ambito lavorativo; il discorso non cambia particolarmente se ci immergiamo nell’ambito universitario. Infatti la stesura di documenti e testi molto lunghi come relazione o tesi potrebbe risentire negativamente di questa mancanza, impedendo al candidato di consegnare i lavori nei tempi richiesti. Perciò, anche se possono sembrare dei campanelli d’allarme da ignorare, possono celare lacune che devono essere colmate, oppure per questi soggetti l’inserimento nell’ambito professionale potrebbe rivelarsi più impegnativo del solito.