Il murales di Edoardo Ettorre, una delle opere più significative del progetto “L’arte non ha sbarre”, verrà inaugurato il 12 dicembre a Roma, in via dell’Erpice. Questo evento rappresenta un finale evocativo per un’idea che fonde arte e socialità, unisce chi vive marginalità e cerca spazio di espressione. Curato da Oriana Rizzuto e supportato da importanti realtà come l’Associazione L’arte non ha sbarre e MArtesocial, questo lavoro artistico si inserisce nel contesto della Biennale MArtelive, sotto la direzione di Giuseppe Casa. Grazie al contributo della Regione Lazio, questo progetto, vincitore del Bando Vitamina G, esplora le relazioni tra arte e rieducazione. Con un focus particolare sulla sezione femminile del carcere di Rebibbia, il progetto ha visto un lungo lavoro di quasi un anno che culminerà nella creazione di murali sia all’interno che all’esterno di quel contesto.
L’arte non ha sbarre ha l’ambizioso obiettivo di portare l’attenzione sulle sfide quotidiane affrontate da chi vive nelle carceri. Questo non è solo un tema di giustizia sociale ma anche di opportunità e cambiamento. L’iniziativa mira specificamente a educare e sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo le esperienze delle donne detenute e a promuovere una riflessione profonda sull’importanza di progetti culturali che possano fornire strumenti per la formazione e la reintegrazione. A partecipare a questo viaggio artistico ci sono stati nomi noti, come Jorit e il duo teatrale Rezza/Mastrella, che hanno messo a disposizione le loro abilità per accorciare le distanze tra l’arte e la realtà del carcere.
Tra le varie attività condotte nel corso del progetto, si è cercato anche di coinvolgere artisti e creativi per trasformare gli spazi di vita all’interno delle carceri. Attraverso attività creative, chi vive una condizione di detenzione ha potuto scoprire la bellezza della propria espressione artistica. Ciò ha consentito ai partecipanti di riflettere su temi di grande rilevanza sociale come la libertà, l’accesso all’istruzione e l’emancipazione. Le opere che hanno preso vita attraverso queste attività non si limitano a essere semplici espressioni artistiche, ma rappresentano storie di lotta e il desiderio di costruire un percorso di cambiamento.
Edoardo Ettorre, un giovane talento nel panorama della street art, è scelto per realizzare un murales che sarà il culmine di questa edizione di “L’arte non ha sbarre”. Questo murales, dedicato alla figura storica di Caterina Martinelli, rappresenta un tributo emotivo poderoso che ricorda il coraggio di una donna che ha lottato per i diritti della sua comunità. Caterina è simbolo di resilienza e resistenza civile, infatti, la sua storia è drammatica e toccante: nel 1944, durante una protesta per rivendicare migliori condizioni di vita al Tiburtino III, fu tragicamente uccisa da un agente della Polizia dell’Africa Italiana. Questo evento segnò la comunità locale e la memoria di Caterina vive ancora, rappresentando non solo il desiderio di giustizia ma anche la lotta per la dignità e il rispetto.
Il murales sarà caratterizzato dallo stile spontaneo e gestuale di Ettorre, un artista capace di trasmettere emozioni intense e profondi messaggi attraverso la sua arte. Oltre a diventare un simbolo di memoria storica, questa opera d’arte sarà collocata in un luogo strategico, di fronte a un campo da calcio che verrà anch’esso ristrutturato. Questo non è soltanto un modo per restituire il territorio alla comunità locale, ma anche un gesto di speranza e rinascita per tutti coloro che si trovano a vivere situazioni difficili.
Oltre alla creazione del murales, molteplici attività didattiche hanno trovato spazio all’interno del carcere grazie al lavoro della psicoterapeuta Valentina Iavasile e delle artiste Tiziana Rinaldi Giacometti e Chiara Anaclio. Queste attività non solo hanno offerto un’occasione per esplorare e riflettere, ma hanno anche dato alle detenute strumenti e occasioni per esprimere se stesse. Attraverso laboratori artistici che hanno visto la partecipazione di donne recluse, ci si è concentrati su temi forti come la libertà, l’autodeterminazione e la parità di genere.
I lavori creati all’interno del carcere culmineranno in opere significative e cariche di significato; ad esempio, Tiziana Rinaldi Giacometti disegnerà una donna che cammina verso il futuro, simbolizzando la lotta per la libertà e le nuove opportunità di vita. Dall’altro lato, Chiara Anaclio darà vita a un giardino ideale, rappresentando la speranza e la capacità di costruire percorsi di vita migliori. Queste opere testimoniano l’importanza di dare voce a chi spesso viene dimenticato, illuminando il cammino verso una società che si riconosce anche nei suoi aspetti più fragili e nascosti.