Non è affatto semplice il contesto in cui si sviluppano le attività artistiche della Triennale di Milano. Quella che oggi è una macchina espositiva in grado di accogliere innumerevoli eventi e progetti, sorge all’interno del Palazzo delle Arti, un edificio micidiale progettato dall’architetto Giovanni Muzio negli Anni Trenta. Questo spazio è diventato un punto di riferimento per la cultura contemporanea, ma la sua architettura, imponente e storica, porta con sé una sfida: come integrarsi, come dialogare con l’arte moderna e le installazioni contemporanee? Ogni area si anima attraverso una molteplicità di offerte artistiche, tentando di mantenere un equilibrio tra coerenza e individualità. Ed è qui che Davide Allieri entra in gioco.
Nel cuore della Triennale, nell’Impluvium, vi è una mostra chiamata “After All“, dedicata al lavoro di Davide Allieri, un artista nato a Bergamo nel 1982. Curata da Damiano Gulli, che dal 2022 si occupa di arte contemporanea per la Triennale, questa esposizione invita i visitatori a riflettere. L’Impluvium, che possiede una facciata adornata da quattro colonne e un architrave in marmo, è avvolto in un’atmosfera che sembra rievocare un certo romanticismo architettonico, tipico dei fasti antichi. Una volta superati i quattro scalini che conducono il pubblico in questo spazio, si viene subito colpiti da un ambiente vasto, oltre 200 metri quadrati di emozioni e riflessioni artistiche.
Già varcando la soglia si percepisce un forte impatto visivo: qui, frammenti e opere si mescolano creando un paesaggio inquietante e attraente allo stesso tempo. Tra le opere in mostra emerge “Communication System“, un’installazione dall’altezza imponente che interroga il concetto di sorveglianza e tecnologia. Il pavimento è disseminato di sculture surreali e disegni rinchiusi in cornici di vetroresina, che sembrano giocare con l’idea di ciò che è organico e inorganico. Allieri, che lavora nel suo studio milanese, ha tratto ispirazione da questo stesso spazio creando un dialogo affascinante tra le sue opere e l’architettura dell’Impluvium.
L’atmosfera è pervasa da una luce fredda, generata da neon da garage, e il visitatore è accolto da elementi come antenne in alluminio e oggetti strani che ricordano una sorta di sci-fi. Queste installazioni sono più di semplici pezzi d’arte; sono narrazioni visuali che portano con sé evocazioni cinematografiche, da film come “Blade Runner” e “Matrix“. Allieri sembra volerci riportare in un mondo che, seppur fantasioso, entra in dialogo con le preoccupazioni di un’umanità inafferrabile e inquieta.
La visione di Davide Allieri per il futuro, come si può intuire dalla sua opera, è piuttosto oscura. Con un sorriso però, approfondisce riflessioni che oscillano tra il pessimismo e la critica sociale. Parlando delle sue influenze letterarie, cita il filosofo Mark Fisher e il suo “Realismo capitalista“, un testo che affronta il concetto di disillusione nella società contemporanea, mentre menziona “Simulacri e Simulazione” di Jean Baudrillard, che invita a interrogarsi sull’autenticità e ri-realtà. “After All” diventa così una sorta di lente per esaminare la memoria del passato e i timori del futuro, evocando immagini di rovina e ricostruzione.
Le installazioni di Allieri sono un forte richiamo alle paure collettive: gusci, sistemi di contenimento, sono tutti elementi destinati a sopravvivere in un contesto degradato, in cui l’unico modo di conservare il ricordo è travestirlo da arte. Le colonne e l’architrave che adornano l’entrata della sala non sono certo casuali, ma alludono anch’essi a queste rovine e memorie. Allieri riesce, attraverso l’uso di cavi pendenti e neon, a rielaborare e reinterpretare gli spazi, portando il pubblico a chiedersi se l’umanità è già in stato di crisi totale.
“After All” non è solo un’esposizione artistica: è una riflessione profonda, uno stimolo a porsi domande su chi siamo e dove stiamo andando. Allieri, grazie alla sua arte, ci invita a esplorare il confine tra realtà e immaginazione, lasciando anche il visitatore con quel sottile senso di inquietudine. In un momento in cui l’arte si fa portatrice di messaggi urgenti e necessari, Milano, attraverso la Triennale, si dimostra un palcoscenico vitale e stimolante per tali dialoghi.