Sergio Racanati, originario di Bisceglie e classe 1982, presenta un’installazione che va ben oltre i confini del comune, abbracciando suoni, odori e immagini in un’esperienza a dir poco immersiva. Con un semplice invito a “prendi un dattero”, Racanati guida i visitatori in un viaggio multisensoriale, proprio nel cuore della capitale, a pochi passi dalla Città del Vaticano.
L’installazione luctus: un viaggio sensoriale
La mostra, intitolata “Luctus – A consciousnesscHoral soul,” curata da Gianluca Brogna, rimarrà aperta fino al 13 novembre e racconta riti di purificazione, arricchita dal bagaglio di esperienze di Racanati durante la sua residenza in Oman, prevista per novembre 2023. Le opere in esposizione presentano riferimenti culturali e visivi che, pur essendo facilmente riconoscibili, rimangono aperti a più di un’interpretazione. I visitatori possono ritrovarsi di fronte a immagini che richiamano i paesaggi dell’Asia centrale o quelle suggestioni più intime tipiche del Medio Oriente, lasciando aperto un varco alla creatività individuale.
Nella galleria si possono scoprire quattro affascinanti pezzi di ceramica profumati con residui di incenso, quegli incensi intrisi di tradizione, talvolta definiti “le lacrime degli angeli.” Accanto a queste opere, sei fotografie catturano l’essenza della sabbia: un elemento che si fa sia soggetto che spazio, creando un’atmosfera quasi mistica con ogni scatto. La sabbia agisce come un’ancora, un richiamo visivo che invita il pubblico a immergersi in profonde riflessioni, oltre a stimolare sensazioni olfattive per un’esperienza realmente completa. In quest’angolo d’arte, la connessione con il mondo esterno si fa palpabile, sfumando i confini tra fotografia e poesia visiva.
Debris/detriti: un film d’artista unico
Sergio Racanati non si ferma qui: presenta anche “Debris/Detriti,” un film di tre ore e mezza che trasmette il suo viaggio personale. Questo “film d’artista” offre una narrazione che sfida la concezione tradizionale del tempo. Le immagini scorrono come una sorta di flusso di coscienza, dove ogni fotogramma sembra un’istantanea di realtà sospesa. Colore e sfocatura si fondono per raccontare storie invisibili, mentre squarci di vita quotidiana si mescolano a suoni di una memoria distorta. Racanati gioca con l’opposto di pieni e vuoti, utilizzando elementi come l’incenso, una costante nel suo lavoro artistico, che permea l’aria e invita lo spettatore a riflettere.
In questo film, le persone compaiono, ma non si fermano mai per guardare direttamente l’obiettivo. Passano indifferenti tra dettagli di soldi, plastiche e automobili, lasciando un eco di immagini e suoni che diventano un legame profondo con il suo passato. Ogni dettaglio è accompagnato da una partitura sonora che si ripete in loop per 24 ore, creata da Kinki Von Berlinki, la quale si amalgama perfettamente con le visioni in movimento di Racanati. L’installazione cinematografica diventa infine uno specchio orizzontale dell’anima, offrendo nuove dimensioni di percezione e introspezione.
Riflessioni e concetti di Sergio Racanati
Racanati, nel descrivere la sua mostra, la definisce come un richiamo a una trance, un rito di passaggio. I suoi lavori si avvicinano a intuizioni di alcuni filosofi contemporanei, come Toni Negri o Zygmunt Bauman, e si fondono in un’analisi profonda della condizione umana. Racanati unisce il suo interesse per la catalogazione e l’archiviazione con la pianta di incenso da cui si estrae il Luban, una resina di incenso pregiate. L’utilizzo di questo materiale non è solo estetico ma rappresenta anche un legame culturale profondo con le pratiche rituali, che permeano le diverse civiltà nel corso dei secoli.
Nel processo di creazione, Racanati invita chi osserva a entrare nel suo spazio, a rivelare il viaggio personale che ha compiuto. Ogni pezzo, ogni nota, ogni respiro della sua mostra cercano di far vibrare l’audience in una connessione inedita, trasformando un momento di fruizione artistica in un’esperienza condivisa e, in un certo senso, volta all’auto-riflessione. La mostra “Luctus” diventa quindi non solo un’esposizione ma un invito a partecipare a capacità di emozione collettiva.