Giacomo Poretti, noto per la sua creatività e per il suo approccio unico alla comicità, presenta il suo spettacolo intitolato «La fregatura di avere un’anima». Questa produzione, firmata dalla compagnia Gli Incamminati, farà il suo debutto in anteprima nazionale al Teatro Oscar di Milano. Una proposta artistica che invita a riflettere su temi profondi, mescolando l’arte e le questioni esistenziali, in una forma che promette di coinvolgere ed emozionare il pubblico. Con la regia di Andrea Chiodi, lo spettacolo si annuncia come un viaggio tra il comico e il serio, stimolando interrogativi che ognuno di noi si può ritrovare a porsi nella vita quotidiana.
Il significato di avere un’anima
Giacomo Poretti affronta un argomento che è quasi tabù nel mondo moderno: il concetto di anima. Secondo lui, oggi come oggi, non se ne parla abbastanza e, anzi, corre il rischio di essere dimenticato del tutto. Questa consapevolezza lo ha spinto a lavorare a questo spettacolo, un’idea che ha covato a lungo nel suo cuore. Nel contesto repentino e frenetico della vita attuale, Poretti avverte che c’è una crescente necessità di riflessione sulla nostra esistenza e sul significato più profondo di cosa vuol dire “essere”. L’arte, sostiene, è un potente mezzo per esplorare questi temi e stimolare il pubblico a porsi domande fondamentali sul senso della vita, sullo spirito e su come ci rapportiamo alle sfide quotidiane.
La trama, ambientata in una famiglia, inizia con la nascita di un bambino, ma non si ferma qui. Un prete si presenta per congratularsi con i neo-genitori e lancia una provocazione che, a prima vista, può sembrare anacronistica. In un mondo dove molti si interrogano su come far diventare i propri figli dei futuri influencer, architetti o calciatori, la frase del sacerdote su “fare l’anima” risuona come uno schiaffo. Che cosa significa veramente prendersi cura dell’anima? E come si può misurare o definire questa dimensione emotiva e spirituale? Poretti invita ogni spettatore a riflettere e rispondere a queste domande, portando avanti un gioco drammaturgico ricco di colpi di scena ed ironia.
La sfida della modernità e della spiritualità
Nell’epoca odierna, dove la scienza sembra avere risposte per tutto, Poretti fa notare che ci sono esperienze, come l’amore e i sentimenti, che non riescono a essere completamente spiegate. Da un lato, la scienza descrive reazioni fisiologiche, ma dall’altro lato, tali spiegazioni si rivelano insufficienti. Poretti invita a considerare come i moderni facciano fatica ad affrontare il dubbio e l’incertezza in un mondo che dovrebbe offrire risposte certe e rapide. Eppure, la virtù di cercare e interrogarsi sembra essere, secondo il noto artista, un’attitudine che fa parte dell’essere umano. La riflessione trova spazio in questo spettacolo, che accoglie domande profonde sul nostro esistere e sul nostro posto nel mondo.
La questione della fede, poi, viene trattata con cura. Poretti specifica che non è tanto importante se i genitori siano praticanti o meno; l’unica cosa che conta è la volontà di interrogarsi e trovare risposte. Un’indagine che gli artisti, nel corso dei secoli, hanno sempre perseguito, affascinando generazioni. Anche autori che non si professavano credenti, come Cesare Pavese o Mark Twain, sono stati attratti dalla ricerca di significato, dal collegamento profondo e indissolubile tra l’uomo e la questione dell’anima. Poretti chiarisce che questo viaggio è esso stesso un atto artistico, che si riduce ad un forte desiderio di comprendere la complessità della vita umana.
La genitorialità e il percorso personale di Poretti
Essere genitori in un mondo così complesso può scatenare sentimenti di ansia e preoccupazione. Poretti, in proposito, dichiara di vivere questo viaggio con inquietudine, senza voler imporre ai propri figli delle regole rigide. Credere nella libertà di scelta e di esperienze, è qualcosa che ritiene fondamentale. Anche se lui stesso ha fatto vivere a suo figlio alcune esperienze religiose, come l’oratorio, che probabilmente sono state positive, non pretende che segua percorsi prestabiliti. Ognuno ha il diritto di esplorare la propria spiritualità e cercare la propria strada.
La storia di Poretti non è statica: affonda le radici in un passato di impegno e contestazione. Cresciuto nella provincia milanese, ha visto da vicino l’influsso di una società in evoluzione, con tutte le sue contraddizioni e sfide. La sua gioventù è stata segnata anche dall’attivismo politico, un desiderio di cambiamento che lo ha portato a impegnarsi nella militanza. Ma eventi come il rapimento di Aldo Moro hanno trasformato i suoi punti di vista, spingendolo a discostarsi da una posizione che non sentiva più sua. L’incontro con sua moglie ha segnato una rinascita, una nuova consapevolezza nei confronti del significato di famiglia e di valori.
Memoria e bilanci di carriera sorprese
Nonostante il successo ottenuto dal trio Aldo, Giovanni e Giacomo, e il clamore che ne è derivato, Poretti riesce a mantenere un profondo rispetto per la propria carriera e le relazioni. La popolarità è stata un regalo che ha portato a molti altri incontri e occasioni, un viaggio condiviso che ha avuto uno sviluppo molto più ampio. Il suo percorso nei teatri è costellato di momenti significativi e di grandi lunghi lavorativi, frutto di determinazione e amore per la cultura. Poretti è un sostenitore della cultura come base fondamentale di una società sana.
Nonostante possa essere ricordato per il personaggio di Tafazzi e tutti i momenti esilaranti che questo ha portato, lui stesso prova una sorta di affetto e gratitudine per quell’esperienza. Attraverso il tempo, ha creato una connessione profonda con il suo pubblico, un legame che continua a crescere con nuove produzioni e sfide artistiche. Oggi, guardando al futuro, Poretti si mostra più motivato che mai, desideroso di continuare a esplorare il mondo e le sue domande più intime, consapevole che la crescita personale è un percorso che non finisce mai.