Heading nel calcio: il rischio di demenza non è legato allo stile di vita dei giocatori

Due parole sui rischi legati al calcio: la salute dei calciatori former professionisti

In una recente intervista, due ex calciatori di Premier League, Gary Pallister e Steve Howey, hanno espresso le loro preoccupazioni riguardo alla salute cerebrale e mentale dopo aver giocato per tanti anni e colpendo palloni. Affermazioni come queste mettono in luce una questione cruciale che sta guadagnando sempre più attenzione: gli effetti a lungo termine di queste sollecitazioni sulla salute. In un’epoca dove il benessere degli atleti è sempre più centrale, è arrivato il momento di riflettere su quali misure devono essere adottate per proteggere le nuove generazioni di calciatori.

Steve Howey, che fa parte di un gruppo di ex calciatori coinvolti in un’azione legale, ha rivelato di aver ricevuto diagnosi di un declino cognitivo attraverso diversi esami medici. Questo è un campanello d’allarme non solo per lui ma per molti altri ex atleti professionisti che potrebbero trovarsi in situazioni simili. In effetti, la ripetizione degli impatti alla testa durante le partite e gli allenamenti potrebbe avere conseguenze devastanti per la salute mentale. Ultimamente, il dibattito è aumentato e si chiede che tali problematiche siano affrontate proprio come una questione di salute pubblica.

L’attivista Judith Gates ha recentemente contattato il Segretario di Stato per la Cultura, Lisa Nandy, suggerendo di dichiarare il colpire il pallone un problema di salute nazionale. Questo è un passo importante poiché porta l’attenzione su un aspetto quasi ignorato del calcio professionista. Infatti, quando si parla di sport, spesso si pensa solo alla competizione o al divertimento, ma esistono anche rischi seri che possono compromettere la vita dei giocatori. Gates ha fondato l’associazione Head Safe Football dopo la perdita di suo marito Bill, un ex difensore, a causa della Sindrome da Trauma Cranico Cronico . La sua iniziativa ha come scopo principale aumentare la consapevolezza sui pericoli derivanti dagli impatti alla testa e sui segnali di allerta da non sottovalutare.

Un nuovo studio sul rischio di demenza

Fino ad oggi, diversi enti e istituzioni hanno finanziato studi su questo tema. Un’indagine recente, sostenuta dalla Football Association, dal Professional Footballers’ Association e da altre organizzazioni, ha analizzato i registri sanitari di quasi 12 mila ex calciatori rispetto a una popolazione di contro. Questa ricerca, pubblicata sulla rivista medica Jama Network Open, ha cercato di scoprire se ci siano differenze significative nel rischio di demenza e altre malattie legate a problematiche neurologiche.

I ricercatori hanno esaminato molti fattori di rischio come il fumo, la depressione, e altri problemi di salute. Sorprendentemente, le prove hanno mostrato che, generalmente, gli ex calciatori avevano tassi di questi fattori simili o addirittura inferiori rispetto alla popolazione generale. Ad esempio, i calciatori sembrano correre un rischio minore di disturbi legati all’alcol e di obesità, ma nonostante ciò, il problema della demenza rimane presente, sollevando domande su come l’impatto cumulativo del colpire palloni possa avere effetti a lungo termine.

L’impegno della Football Association e della PFA

L’atteggiamento delle istituzioni sportive, come la Football Association e il Professional Footballers’ Association, sta cominciando a cambiare. Queste organizzazioni stanno investendo in progetti di ricerca e supporto per coloro che sono stati colpiti da malattie neurodegenerative. È chiaro che c’è bisogno di un approccio più olistico, non solo diagnosi e cure, ma anche prevenzione e formazione per i futuri calciatori.

Inoltre, è stato recentemente lanciato il Football Brain Health Fund, un’iniziativa che mette a disposizione un milione di sterline per sostenere ex giocatori e le loro famiglie. Questo fondo, che potrebbe servire a rispondere ai bisogni economici e medici dei ex atleti, è un passo significativo verso un contesto dove la salute mentale e cerebrale dei calciatori non è più un argomento tabù né trascurato.

Mentre la comunità calcistica continua a volgersi verso questa problematica, ci si aspetta che nuovi sviluppi emergano in termini di studi e politiche, e tutto ciò potrebbe contribuire a creare un ambiente di gioco più sicuro e coscienzioso per le generazioni future. Le voci di chi ha vissuto queste esperienze, come Pallister e Howey, possono risultare fondamentali per portare a termine questo cambiamento atteso.

Published by
Ludovica Rossi