
Fragole, il frutto più amato è velenoso (Quotidianoarte.it)
Tra le file ordinate dei campi di fragole si nasconde una crisi ambientale e sociale che colpisce migliaia di lavoratori agricoli e famiglie. Il tutto nel silenzio quasi totale delle istituzioni.
La California è il principale produttore di fragole degli Stati Uniti, un’industria che genera oltre 3 miliardi di dollari l’anno. Tuttavia, dietro a questo settore florido si cela un problema sistemico: l’uso intensivo di pesticidi fumiganti altamente tossici, come il 1,3-dicloropropene (1,3-D) e la cloropicrina, che mettono a rischio la salute di braccianti e residenti, spesso appartenenti a comunità latine e indigene.
Non si tratta di una novità per le autorità statali. Da anni, i dati sull’esposizione a queste sostanze sono disponibili, così come le prove del loro impatto sanitario. Ciononostante, le misure di tutela restano limitate e, secondo numerosi esperti, largamente insufficienti.
Lavoratori esposti, comunità dimenticate
I braccianti che operano nei campi di fragole – spesso immigrati privi di tutele – sono esposti quotidianamente a sostanze vietate in oltre 30 Paesi, inclusi tutti quelli dell’Unione Europea. Alcuni, come Esperanza, bracciante di origini indigene, hanno sviluppato tumori dopo anni di lavoro nei campi. In molti casi, non ricevono informazioni adeguate sui rischi, né protezioni sufficienti.
Ma la contaminazione non si limita ai luoghi di lavoro. I pesticidi fumiganti si diffondono nell’aria e possono raggiungere abitazioni e scuole. Secondo dati ufficiali, oltre 500 istituti scolastici in California si trovano a meno di 800 metri da aree trattate con questi composti.
I bambini sono tra i più vulnerabili: respirano più tossine in rapporto al peso corporeo rispetto agli adulti e il loro sistema immunitario è ancora in fase di sviluppo. Studi epidemiologici hanno collegato l’esposizione a queste sostanze a disturbi neurologici, asma, malformazioni congenite e tumori infantili.
La sorveglianza c’è, ma manca l’azione
Il Dipartimento per la Regolamentazione dei Pesticidi (DPR) monitora da anni la presenza di pesticidi nell’aria. I rilevamenti, in alcune scuole come la Ohlone Elementary nella contea di Monterey, hanno spesso superato i livelli considerati sicuri dall’Office of Environmental Health Hazard Assessment (OEHHA). Tuttavia, le misure correttive si sono limitate all’installazione di strumenti di monitoraggio. Nessuna riduzione concreta dell’uso dei fumiganti è stata implementata.

Tra il 2018 e il 2022, l’uso di 1,3-D è aumentato dell’80% nelle contee di Ventura e Monterey, aree con una forte presenza di comunità latine e indigene. In queste stesse zone, l’accesso alle cure sanitarie è limitato, e la barriera linguistica rende difficile comprendere la portata dei rischi ambientali.
Un’eredità di disuguaglianza
Già negli anni ’90, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA) aveva riconosciuto l’impatto sproporzionato dei pesticidi sulle comunità di colore. Tuttavia, dopo anni di denunce, l’unico risultato concreto è stata l’installazione di sensori, senza modificare la regolamentazione né vietare le sostanze più pericolose, come il bromuro di metile, oggi progressivamente abbandonato ma sostituito da fumiganti altrettanto tossici.
“È una forma di razzismo ambientale”, denuncia Yanely Martinez, attivista di *Californians for Pesticide Reform*. “Le nostre comunità continuano a essere esposte a sostanze che altrove sarebbero vietate da anni”.
Tra il 2010 e il 2020, il DPR ha documentato quasi 375 casi di malattie legate direttamente all’uso di fumiganti tra i lavoratori agricoli. Spesso si tratta di giovani costretti a lavorare senza equipaggiamento adeguato, come Rocio Ortiz, oggi studentessa e attivista, che da adolescente ha subito gravi irritazioni a pelle e occhi durante una fumigazione senza adeguate protezioni.
Un cambiamento possibile ma ancora lontano
La vicenda delle fragole californiane mette in luce il divario tra due mondi: quello del profitto agricolo e quello delle comunità marginalizzate che ne sostengono il peso. I protocolli di sicurezza, le soglie di esposizione e le regolamentazioni ambientali sembrano modellati più per proteggere l’industria che le persone.
Il dibattito sull’uso dei pesticidi continua a dividere istituzioni, comunità locali e agricoltori. Ma un punto appare ormai chiaro: finché non si darà voce a chi lavora nei campi e vive accanto alle coltivazioni, ogni fragola raccolta avrà il retrogusto amaro dell’ingiustizia.