Una ricerca condotta proprio nel nostro paese potrebbe permettere ai pazienti paraplegici di riacquistare la mobilità autonomamente
La paraplegia rappresenta la perdita parziale o totale della capacità di mobilità negli arti inferiori, che in base alle cause alla base del problema può rivelarsi temporanea o permanente. Di fatto, accade che gli stimoli che il cervello invia ai muscoli delle gambe per permettere il loro movimento si interrompono.
A scaturire la paralisi degli arti inferiori sono generalmente lesioni al midollo spinale, conseguenti a traumi o incidenti che riguardano la colonna vertebrale. Le stesse, in casi più eccezionali, possono dipendere da infezioni, infiammazioni o addirittura neoplasie tumorali.
Nelle ultime fattispecie citate, l’insorgenza del disturbo avviene gradualmente, fino a peggiorare progressivamente se non trattata per tempo. Alcuni dei principali campanelli d’allarme nel soggetto che viene colpito sono una costante debolezza muscolare e una difficoltà nel compiere movimenti usuali con i propri arti.
Non esiste, al momento, una terapia mirata ed efficace che permetterà il pieno recupero dell’attività motoria come avveniva in precedenza, ma le numerose tecniche di riabilitazione consentono, con una buona percentuale di riuscita, un recupero parziale della capacità di movimento, a seguito di un iter riabilitativo che può durare, nei casi più gravi, anche svariati anni.
I profittevoli risultati della ricerca
Ma una ricerca condotta congiuntamente dal Politecnico di Losanna, dalla Scuola Superiore San’t Anna di Pisa, dall’Ospedale San Raffaele di Milano e dall’Università Vita-Salute San Raffaele ha permesso di compiere un passo avanti fondamentale nel trattamento dei pazienti tetraplegici. La sensazionale scoperta è stata pubblicata su Science Translational Medicine, dove è stato spiegato esattamente il suo funzionamento e gli effetti scaturiti nei pazienti sottoposti al test.
Questa procedura si basa sulla presenza di un neurotrasmettitore che deve essere indossato dai soggetti colpiti da lesione al midollo spinale e che permette loro di muovere gli arti, riducendo significativamente gli spasmi muscolari che sono soliti attanagliare gli individui in queste specifiche situazioni, quando gli stessi non riescono più ad assumere il pieno controllo dei propri muscoli, rimanendo impossibilitati nel regolare movimento.
Una nuova frontiera nei trattamenti per paraplegici
Ciò vuol dire che due soggetti paraplegici sono riusciti a tornare a camminare. Tutto grazie a questo dispositivo, culmine di un lungo periodo di studi, fondatisi prettamente sul concetto che la mancata comunicazione tra cervello e midollo causa impossibilità nel movimento e spasmi muscolari, dunque è esattamente in quel tratto che bisogna intervenire per consentire nuovamente al paziente di muoversi naturalmente, contrastando il dolore provocato dagli spasmi.
La sperimentazione ha coinvolto, come anticipato, due pazienti, ma i risultati estremamente proficui ottenuti lasciano pensare che la stessa possa essere estesa a un numero di persone sempre in crescita. Basti pensare che uno dei due soggetti sottoposti al test è riuscito a percorrere più di 170 metri grazie alla nuova tecnologia.