Dalla missione dei caschi blu al ruolo dell’esercito nazionale: i punti critici dell’accordo in Medio Oriente

Un evento di grande portata sta scuotendo il Medio Oriente, con migliaia di persone in movimento e incertezze crescenti sul futuro. Il conflitto tra Israele e Hezbollah s’intensifica e le notizie si susseguono in tempi rapidi, mentre le speranze di pace vacillano. Recentemente, un milione di libanesi ha incominciato a spostarsi verso il sud del Libano, al contempo oltre 60.000 israeliani si preparano a tornare nelle loro abitazioni nel nord di Israele. Tuttavia, le insidie che circondano il cessate il fuoco, concordato tra Israele e il governo di Beirut con l’assistenza degli Stati Uniti e della Francia, sollevano domande inquietanti sulla stabilità futura della regione.

Nonostante l’accordo, Hezbollah non è considerato ufficialmente una parte negoziale e questo rappresenta una vera e propria spina nel fianco. L’organizzazione è designata come gruppi terroristici da Israele, Stati Uniti e paesi europei. Questo ricorda il conflitto del 2006, quando Hezbollah violò l’accordo di cessate il fuoco stabilito dalla risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. Oggi, mentre i media israeliani si interrogano sulla plausibilità di un impegno da parte delle milizie sciite filo-iraniane, giace l’incertezza sul mantenimento di un realmente duraturo cessate il fuoco.

Molti si chiedono se Hezbollah, che ha sempre giocato un ruolo chiave nei conflitti regionali, saprà rispettare un accordo nel lungo periodo. Dopo una nuova ondata di violenze scoppiata il 7 ottobre, in segno di solidarietà con Hamas, le aspettative sono basse. Ci si aspetta, quindi, che l’organizzazione rispetti i termini, ma la storia ci insegna che le promesse fatte da Hezbollah possono essere fragili come il vetro sottile.

La pressione dell’Iran e i limiti di Hezbollah

Ali Khamenei, il leader supremo dell’Iran, ha indicato a Hezbollah di adattarsi alla situazione attuale, che sembra vedere Israele trionfante, almeno nella percezione pubblica. Le operazioni militari sviluppate da Israele nel sud del Libano hanno portato a un notevole smantellamento delle postazioni di Hezbollah. Ma, per quanto Naim Qassem possa essere titolare della segreteria generale, il controllo del movimento non è assoluto. L’anima radicale all’interno di Hezbollah mostra segni di ribellione. Le minacce di resistenza sono in crescita e la volontà di proseguire la “guerra santa” contro Israele resta palpabile.

Un problema esistenziale si pone anche per l’esercito libanese e le forze Unifil, in quanto spesso sono inadeguate nel garantire la sicurezza della regione. Risorse limitate e addestramento scadente rendono queste forze vulnerabili. L’Unifil si è limitata a osservare mentre gli scontri continuavano, trovandosi nel bel mezzo dei conflitti violenti. Questo scenario appare negativo, dato che Hezbollah possiede un arsenale di missili e razzi fin troppo consistente, in grado di minacciare la sicurezza israeliana, mentre peraltro i gruppi militari che lo compongono sono rappresentati in Parlamento e nel governo libanese.

La strategia di lungo periodo e la riflessione finale

Uno degli aspetti più allarmanti sul cessate il fuoco è l’idea che possa essere visto da Hezbollah semplicemente come una “pausa tattica”. Questa riflessione è stata avvalorata dalle parole di Ali Larijani, un emissario della Guida Suprema iraniana, che ha avvertito il movimento riguardo alle conseguenze della prosecuzione del conflitto. Israele è ben armato e la potenza distruttrice che il suo esercito può scatenare può indebolire Hezbollah in modo tale che non possa più riorganizzarsi.

Ci sono sollevazioni interne all’organizzazione che complicano ulteriormente la situazione. Inoltre, altri eventi di conflitto, come la continua guerra a Gaza, non rendono semplice la piega di eventi diversi dal previsto. Insomma, si assiste a uno scenario misterioso e imprevedibile, dove gli arsenali e le capacità di combattimento di Hezbollah non devono essere sottovalutati. Israele avrà certamente indebolito molte delle loro risorse, ma questo non significa che il gruppo non possa ancora avere la capacità di colpire.

Mentre i termini dell’accordo rimangono vaghi e non necessariamente vincolanti, la regione resta in attesa, per ora, di un periodo di pausa. Con una situazione complessa come questa, la stabilità futura dipenderà dalla vera capacità di mantenere la pace, non solo nelle parole, ma soprattutto nei fatti.

Published by
Ludovica Rossi