Le autorità sanitarie restano in allerta costante sulla possibile diffusione dell’aviaria. Com’è la situazione in Europa e nel Mondo?
Quando sentiamo parlare di influenza aviaria si fa riferimento ad una malattia virale molto contagiosa, trasmissibile all’uomo dagli animali, volatili selvatici e pollame nello specifico. Il contagio può avvenire, perciò, o attraverso il contatto con animali già infetti, o a seguito dell’esposizione ad ambienti contaminati.
Al contrario di alcune notizie occasionalmente diffuse, non vi sono prove a testimonianza del fatto che la trasmissione possa avvenire mediante il consumo di alimenti contaminati, ma un’elevata attività di precauzione quando nella propria cucina si maneggiano alimenti crudi non è mai una mossa errata.
La trasmissione tra due esseri umani non si è mai verificata, ma il contagio da animali è possibile ed altamente rischioso, soprattutto se si entra in contatto con pericolose varianti del virus. Nell’anno epidemiologico appena concluso, la forma infettiva H5N1, considerata quella potenzialmente più dannosa per l’uomo, è riuscita ad infettare oltre 50 specie diverse di mammiferi mai precedentemente colpite.
Secondo le relazioni di monitoraggio diffuse da EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare), ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ed EURL (European Union Reference Laboratories), nonostante il verificarsi di focolai sparsi nel Vecchio Continente in uccelli selvatici e domestici, il rischio per la popolazione europea resta basso.
L’allerta resta sensibilmente elevata
Nel resto del mondo l’influenza aviaria sta sollevando preoccupazioni sempre crescenti negli ultimi tempi. Nonostante, come già affermato, non siano presenti forme evolute particolarmente sensibili per l’essere umano, soprattutto per quanto riguarda la trasmissione, il virus è risultato essere sicuramente letale e gli esperti mantengono un cauto allarme. L’attività di monitoraggio è costante e risulta fondamentale che sia così, in quanto può davvero aiutare nella prevenzione di pandemie globali. Questa pratica consiste nell’osservazione continua delle mutazioni dei ceppi virali e, proprio in base alle loro caratteristiche, producendo trattamenti volti a contrastare e debellare le influenze.
Così facendo il mondo intero, dall’organizzazione dei Governi agli studiosi e ricercatori esperti, riusciranno a garantire una risposta efficace, adottando prontamente tutte le contromisure del caso. Ciò nonostante è inevitabile riscontrare situazioni che possono destare preoccupazione. E’ quanto successo negli Stati Uniti, dove il virus H5N1, derivato sicuramente da gruppi di volatili selvatici ha infettato animali d’allevamento, in particolare bovini, che hanno favorito a loro volta la trasmissione ai lavoratori che si occupavano del bestiame.
Le inevitabili teorie del complotto
La situazione non appare ancora così critica, ma le autorità sanitarie si stanno già portando avanti con un programma di preparazione e prevenzione rispetto alla catastrofica possibilità del verificarsi di una nuova pandemia. E quando le pagine dei giornali si riempiono di notizie di questo calibro, non possono non venir fuori le immancabili teorie del complotto, portare avanti da gruppi più o meno folti di persone che tentano di dare la propria inedita spiegazione a fenomeni politici, bellici o sanitari.
E non parliamo solo di cittadini comuni, ma anche di personalità particolarmente esposte ed influenti. E’ il caso di Robert F. Kennedy Jr., politico americano terzogenito di Robert Kennedy nonché nipote del fu presidente statunitense JFK, secondo cui il virus avrebbe avuto origine artificialmente in un laboratorio e sarebbe pronto ad essere scoperchiato al fine di generare una pandemia globale.