Come si manifesta la tragedia nell’arte contemporanea?

L’arte si pone da sempre come specchio della realtà, riflettendo le sfide e le esperienze dell’umanità. L’esposizione “Attraverso i diluvi” rappresenta un’odissea visiva e mentale che invita alla riflessione; porta a considerare le cicatrici lasciate dalle catastrofi naturali e da quelle provocate dall’uomo. Questo evento artistico, che si svolge in un contesto particolarmente significativo, è molto più di una semplice collezione di opere. È un viaggio tra dolore, speranza e introspezione, il tutto rappresentato attraverso una selezione di cinquanta opere che affrontano i temi più pressanti dell’umanità contemporanea.

Un inizio sorprendente

Se dovessimo cercare il punto di partenza di questa mostra, potremmo evidenziare come la progettazione sia iniziata nel 2022, subito dopo il diluvio pandemico che ha colpito il mondo intero. La coincidenza con le alluvioni che hanno interessato il territorio negli ultimi due anni mette in risalto la delicatezza della condizione umana. “Attraverso i diluvi” si struttura su sei sale, ognuna dedicata a una tematica differente ma convergente: dalle devastazioni generate dalla natura alla violenza delle guerre, dalla fragile coesistenza con gli animali alla dolorosa realtà della malattia e della morte. Questo non è un semplice intrattenimento, ma una chiamata all’azione per riflettere, per interrogarsi su temi complessi e talvolta scomodi.

Le sale che raccontano storie

Nel cuore dell’esposizione, ogni sala propone un racconto visivo intenso. Le opere spaziano dal XII secolo a.C. fino all’arte contemporanea, creando un dialogo inaspettato tra epoche e stili. La Collezione Maramotti, che ospita l’esposizione nel prestigioso stabilimento Max Mara, offre un contesto speciale per questi capolavori. Si trovano in mostra artisti noti e meno celebri, come Goya e Anselm Kiefer, al fianco di artisti contemporanei come Giulia Andreani e Elisabetta Benassi. Questo incontro genera un campo visivo ricco di significato, in cui passato e presente si intrecciano per interrogarsi sulla catastrofe e sulla sua rappresentazione.

Nella prima sala c’è il grande dipinto di Filippo Palizzi, “Oltre il diluvio“, che cattura l’attenzione con una rappresentazione realista di un paesaggio libero dalle acque. La giustapposizione tra l’arca di Noè e un’abbondanza di animali rappresentati con straordinaria attenzione è un potente simbolo della natura, che si offre sia come bellezza che come forza temibile. Lo spettatore viene così trasportato in una riflessione profonda sul nostro rapporto con il mondo naturale, un tema che riecheggia in molte delle opere che seguiranno.

Opere che sfidano la percezione

La terza sala si apre con un’opera ipnotica di Andy Cross, “Spoiler Alert “, che della tela di Palizzi sembra essere una risposta diretta. Cross reinterpreta il concetto di arca, trasformandola in una cupola geodetica, mentre il simbolo di Noè è impersonificato da un agricoltore rasta giamaicano. La scelta dei colori rossi evoca il riscaldamento globale e l’urgenza della situazione ecologica attuale. Cross stesso afferma che l’opera “non è finita, rimettendo il futuro nelle mani di tutti noi“. Questa dialettica tra il passato e il presente è di fondamentale importanza per intuire come l’arte possa servire da un mezzo per comunicare l’urgenza dei disastri attuali.

Una riflessione sul conflitto umano

Proseguendo il percorso espositivo, nella quarta sala ci si imbatte nell’opera “Le vedette I” di Agostino Arrivabene. Qui, le sentinelle monocromatiche appaiono come figure indecifrabili su una sommità isolata, custodi di un paesaggio in preda a conflitti e distruzione. La rappresentazione di un panorama di guerra sembra volere dire più sull’umanità stessa che sulle battaglie reali. In un certo senso, Arrivabene invita a riflettere sul conflitto interiore che ogni individuo affronta di fronte all’inesorabile scorrere della storia.

Nuove prospettive sull’umanità

Andando verso la conclusione della mostra, l’ultima sala propaga interrogativi piuttosto che fornire risposte. “Blind Faith and Tunnel Vision” di Jules de Balincourt è un’opera che sovrappone un paesaggio urbano distrutto a un arcobaleno che suggerisce un futuro di speranza, ma rimane anche ambiguo, pieno di detriti. La sua rappresentazione ci invita a considerare come la devastazione e la rinascita possano coesistere nel mondo contemporaneo. Diluvi, guerre, e crudi eventi hanno oramai assunto il senso di quotidianità e non più come eccezione.

Mentre navighiamo attraverso la cornice visiva di questa mostra, appare chiaro che gli artisti d’oggi stanno cercando di farci affrontare questa indifferenza crescente. Attraverso le loro opere, ci stimolano a risvegliarci dallo stato di apatia, portandoci a una nuova comprensione delle sfide contemporanee e di ciò che significa essere umani oggi.

Published by
Ludovica Rossi