Come lo stile di vita e la salute influenzano il rischio di demenza: scopri i segreti!

Un nuovo report pubblicato dalla RAND, un’organizzazione di ricerca no-profit, ha svelato alcuni segnali precoci di compromissione cognitiva e demenza. Utilizzando un ampio campione rappresentativo degli Stati Uniti, il rapporto si propone di migliorare la diagnosi anticipata e le strategie di intervento, osservando più da vicino come alcuni fattori modificabili possano influenzare il rischio di declino cognitivo. Con un focus su salute condivisa e informazione, questa ricerca potrebbe rivoluzionare il modo in cui affrontiamo queste problematiche, cruciali per la salute degli anziani.

La demenza, condizione che può interferire gravemente con le attività quotidiane, è diventata una delle principali cause di disabilità tra gli anziani. I costi, tanto economici quanto emotivi, gravano sulle famiglie e sui sistemi sanitari di tutto il mondo, creando una situazione di necessità di intervento che non può essere ignorata. Anche se l’età è di certo un fattore di rischio predominante, influenzano il rischio altri elementi, come la genetica o persino il livello di istruzione. Inoltre, gli stili di vita e le condizioni socioeconomiche hanno un ruolo importante. La ricerca recente mostra che fattori modificabili, come l’attività fisica o l’engagement sociale, possono davvero incidere sul rischio di declino cognitivo. Ma purtroppo, molti dei modelli predittivi esistenti, anche se utili, spesso non si rivelano abbastanza precisi e non riescono a utilizzare dataset diversificati, limitando di fatto la loro efficacia. Data l’importanza della diagnosi precoce, diventa fondamentale continuare a lavorare su nuovi modelli che contemplino questi aspetti.

Dettagli del report RAND

Il report si basa su dati raccolti dal Health and Retirement Study , un’importante indagine longitudinale che coinvolge adulti statunitensi di almeno 50 anni, attiva dal 1992 al 2016. I partecipanti, in particolare quelli con almeno 65 anni e privi di demenza al momento della registrazione, sono stati analizzati attentamente. Attraverso un modello probabilistico validato, il rapporto ha misurato la compromissione cognitiva e la demenza minimizzando gli errori di classificazione, migliorando l’accuratezza del modello stesso. In totale, 181 potenziali fattori di rischio sono stati esaminati e suddivisi in varie categorie come fattori demografici, socioeconomici e comportamentali. Le misure prevedevano variabili come il livello di istruzione, le attività fisiche e le condizioni di salute generali. Tra l’altro, i modelli di regressione hanno stimato le relazioni tra questi fattori e i risultati di demenza, offrendo una mappa abbastanza chiara su cosa considerare per identificare gli individui a rischio.

I risultati chiave emersi dalla ricerca

Analizzando i dati, il report ha svelato diversi fattori che predicono in modo significativo la compromissione cognitiva. Tra i più rilevanti ci sono l’abilità cognitiva di partenza, lo stato di salute fisica e le limitazioni funzionali. Del resto, misure cognitive come il richiamo di parole e l’autovalutazione della memoria hanno mostrato un alto potere predittivo. Anche la salute fisica è risultata cruciale: la segnalazione di cattiva salute, insieme a limitazioni nelle attività quotidiane e misurazioni della prestazione fisica come la velocità di camminata, erano fortemente correlate a un aumento del rischio di demenza. Proseguendo con l’analisi, anche lo stato socioeconomico ha dimostrato di avere un forte impatto. Gli individui con un livello di istruzione più basso o una carriera lavorativa più breve avevano tendenzialmente un rischio maggiore. Insomma, il report sottolinea quanto sia vitale affrontare le disuguaglianze socioeconomiche in termini di salute cognitiva.

Fattori demografici e psicologici da considerare

Al di là degli aspetti salutari e socioeconomici, nel report sono emersi anche fattori demografici e psicologici di grande rilevanza. Elementi come l’età, l’etnia e la regione di nascita possono influenzare il rischio di demenza. Ad esempio, i risultati hanno rivelato che le persone di colore, come gli Afroamericani e gli ispanici, tendono ad avere tassi più elevati di incidenza, ma va notato che queste discrepanze tendono a ridursi considerando il contesto socioeconomico e le condizioni di salute. Sul fronte psicologico, attività come hobby, interazioni sociali e partecipazione ad attività nuove risultano correlate a un minore rischio di demenza. D’altro canto, situazioni di solitudine e stati d’animo negativi sono stati collegati a un aumento del rischio. Modelli predittivi a lungo termine riprendono fortemente i fattori sia cognitivi che fisici; le ricerche confermano l’efficacia di questi fattori per capire le conseguenze a 20 anni di distanza.

Il report di RAND, quindi, offre spunti significativi non solo sui segnali allarmanti della demenza, ma sugli approcci praticabili per mitigare il rischio. Sottolinea un chiaro bisogno per azioni mirate che possano concentrarsi su questioni chiave come salute fisica e cognitiva, stili di vita e disuguaglianze socioeconomiche. Con un’analisi approfondita su come la nostra vita quotidiana e le scelte possano influenzare il nostro futuro cognitivo, l’enfasi sulle evidenze e su oggettivi dati scientifici appare essenziale per progettare strategie di prevenzione efficaci nella lotta contro il rischio di demenza.

Published by
Ludovica Rossi