Ore 17.30. Elettra Arazatah, una sex worker e attivista, si trova in un ristorante situato nella vivace zona di Covent Garden a Londra. Sta contemplando il menù di quella serata, un locale che ha ormai acquisito un significato speciale sia per lei che per il suo cliente che incontrerà di lì a poco. La scelta del ristorante, l’attenzione al proprio aspetto e alla presentazione sono fasi cruciali del suo lavoro, momenti che Elettra trova particolarmente interessanti. Questo processo le consente di esplorare le proprie inclinazioni per soddisfare i bisogni dei clienti e, in un certo senso, di trasformarsi in una versione idealizzata di sé stessa. Mentre il piede appuntito è placidamente poggiato sul lato del letto, avvolge le sue dita in una calza velata, sottile e delicata.
Elettra ci racconta che, per lei, i piedi sono una parte fondamentale ed estremamente erogena del corpo. Ricorda con affetto quando due amici le fecero lo smalto sulle unghie; fu un momento decisivo. Fu solo quando scoprì il mondo del foot fetish che il suo viaggio nel sex work ebbe inizio. Mentre si sistema le parigine nere sulle gambe, si sente orgogliosa della sua evoluzione di stile, che va dal grunge al glamour. Sin da bambina, ha sempre avuto un debole per il nero e, crescendo, ha scoperto la ricchezza di sfumature che questo non-colore può offrire. Grazie alle sue gambe, Elettra sperimenta il dinamismo della vita, il movimento e la libertà, elementi che considera essenziali non solo per la sua professione, ma anche per la sua identità personale.
In questo contesto, la sua scelta di indossare parigine nere è emblematico della ricerca di un equilibrio tra minimalismo e raffinatezza. Le gambe e i piedi non sono soltanto strumenti di locomozione, ma rappresentano anche un mezzo di emancipazione personale e di espressione. Elettra esprime la sua individualità attraverso ogni dettaglio del suo look, mostrando al mondo la sua essenza. Emerge così l’idea che, anche nella professione di sex worker, l’aspetto esteriore, per quanto importante, non è mai disgiunto dal percorso interiore che ogni individuo intraprende.
Il concetto di sex work può sembrare romantico da una certa angolazione, associato all’empowerment femminile, ma la realtà è più complessa di quanto si possa pensare. Elettra spiega che il lavoro nel campo dell’industria del sesso può rappresentare una via per guadagnare rapidamente, spesso divenendo un mezzo di sopravvivenza necessaria. Tuttavia, è fondamentale considerare il contesto di vulnerabilità che muchas veces vi è sotteso: la questione dell’identità di genere, l’orientamento sessuale, la situazione economica, il razzismo, e le esperienze di migrazione. Recenti relazioni dall’Unione Europea hanno messo in evidenza l’importanza di non criminalizzare chi si trova nella prostituzione; questo è essenziale per rafforzare la fiducia tra le persone nel sex work e le forze dell’ordine.
Per Elettra, il discorso su questo argomento è delicato. Nonostante il lavoro nel campo possa portare a guadagni immediati, non si può, e non si deve, trascurare le condizioni potenzialmente sfavorevoli in cui spesso si trovano le lavoratrici e i lavoratori del sesso. Spesso, è proprio in questi contesti di vulnerabilità che si celano numerosi problemi legati alla salute fisica e mentale, alla sicurezza e alla legalità. Affrontare queste problematiche richiede un’attenta riflessione collettiva e un impegno per garantire che questo lavoro possa essere svolto in condizioni di dignità e rispetto.
Ore 18. Elettra si prepara ora per completare il suo look, agganciando le parigine al reggicalze, un pezzo di lingerie dal fascino vintage capace di evocare storie antiche. Per Elettra, la figura della cortigiana è sempre stata attrattiva; a differenza della donna tradizionale, spesso ritrattata come madre o vittima, la sex worker incarna un’immagine di libertà e indipendenza. Indossando la lingerie, Elettra non solo si rivela sotto una nuova luce, ma gioca anche con gli stereotipi di genere e le aspettative sociali.
La biancheria intima non è solo un complemento, ma è diventata centrale nelle dinamiche di seduzione e nei giochi erotici. Elettra racconta come queste pratiche possano spaziare dal BDSM fino a relazioni di dominazione e sottomissione, rivelando la complessità della sua professione. In questo mondo variegato, il profilo contemporaneo della sex worker assume una nuova forma, diventando una professionista in grado di guidare gli altri nella scoperta di piaceri e fantasie senza le complicazioni delle relazioni tradizionali.
Mancano solo pochi minuti all’appuntamento e Elettra si dedica ai suoi ultimi ritocchi. Con un tocco preciso di eyeliner, disegna una sottile coda che solleva il suo sguardo intenso. L’aggiunta di un rossetto rosso scarlatto chiude il cerchio di un look che richiama iconicamente l’estetica di Dita von Teese. La bocca di Elettra diventa il simbolo della lotta per i diritti delle lavoratrici del sesso, un veicolo di un discorso politico che cerca attivamente di ottenere riconoscimento e protezione per chi opera nel settore.
La questione di come il sex work sia percepito dalla società rimane complessa. Le dichiarazioni di Amnesty International hanno mostrato chiaramente che gli Stati hanno l’obbligo di far affrontare e combattere le discriminazioni evidenti nel settore. Questo significa, non solo garantire una protezione per le lavoratrici, ma anche affrontare le stigmatizzazioni sociali che portano alle disuguaglianze. Elettra ci ricorda che, nella sua esperienza, il concetto di scelta non è sempre realistico; le dinamiche della vita sono spesso influenzate da una serie di fattori esterni che possono traslare verso risultati fuori dal proprio controllo. In una società che tende a relegare la donna a ruoli di cura e protezione, la figura della sex worker continua a suscitare dibattiti intensi su libertà e giustificazioni sociali.
Il lavoro fotografico di Ludovica Anzaldi si spinge oltre la semplice rappresentazione e riesce a catturare sfumature e complessità della vita di una sex worker. Attraverso il medium del formato medio analogico, Anzaldi racconta storie che parlano della disparità di genere e dell’integrazione, tracciando nel contempo un’intensa connessione con la soggettività delle persone ritratte. Il suo talento l’ha portata ad esporre in importanti gallerie e festival in tutto il mondo, rendendo la sua visione unica un vero e proprio manifesto visivo per le cause che sostiene.
Anzaldi è più di una semplice fotografa; il suo lavoro è un viaggio alla scoperta di emozioni e realtà dimenticate, creando spazi di dialogo attorno a tematiche delicati e talvolta trascurate, come la vita delle sex worker. La sua partecipazione alla serie ‘Le Fotografe’ di SkyArte è solo un ulteriore passo verso l’importante missione di mettere in luce narrazioni spesso marginalizzate nella società contemporanea.