Calolziocorte, un piccolo comune di Lecco, si trova al centro di una controversa situazione che ricorda, in modo inquietante, i tempi della mafia negli anni ’70 e ’80. Oggi, non si tratta più solo di criminalità organizzata, ma di una nuova generazione di rapper e influencer, tra cui spicca il nome di Zaccaria Mouhib, meglio conosciuto come Baby Gang. Recentemente scarcerato dopo un periodo di detenzione, la sua fama è cresciuta vertiginosamente, portando con sé un mix di entusiasmo e preoccupazione nella sua città natale. Gli eventi e le immagini che scorrono sui social media, un tempo limitate alla vita di strada, si stanno trasformando in veri e propri spettacoli che catturano l’attenzione, ma allo stesso tempo alimentano un clima di inquietudine.
Zaccaria Mouhib, il giovane trapper di Calolziocorte, ha conosciuto una rapida ascesa nella scena musicale italiana. Dopo un’estate di libertà, è tornato alla ribalta con nuovi brani, collaborazioni e video che sembrano ritrarre un mondo di ribellione e glamour, sebbene spesso associato a comportamenti discutibili. Il suo video insieme a ElGrandeToto ha totalizzato oltre 5 milioni di views in poco tempo e ha per location i portici e i garage dei tipici casermoni di via Di Vittorio. Così, le immagini di rappers con armi, spinelli e scene di violenza urbana si mescolano con uno stile di vita che molti ragazzi sognano di imitare. L’incrocio fra talento musicale e provocazioni è evidente, come del resto lo è anche il fatto che molte di queste attività attirano giovani da tutta la regione, in cerca di visibilità, ma anche di serie conseguenze.
Le autorità sono molto preoccupate da quanto sta accadendo. Non è solo un problema di comportamento, ma anche di sicurezza pubblica. I locali delle feste e gli eventi improvvisati sono all’ordine del giorno, con frequenti segnalazioni di petardi, schiamazzi e situazioni di confusione. La presenza di artisti del calibro di Baby Gang potrebbe passare per un fattore di richiamo, ma mette anche sotto pressione le già affaticate risorse locali impegnate nel mantenere l’ordine. Questo scenario complesso ha portato il comune ad attuare misure di controllo e monitoraggio, come l’installazione di telecamere, tuttavia l’efficacia di queste iniziative è messa a rischio da furti e altre problematiche.
La gioventù di oggi, spesso rappresentata dagli artisti e influencer che seguono, non è facile da gestire. Il fenomeno di Baby Gang ha, in un certo senso, spostato l’attenzione su un gruppo di adolescenti che idolatrano questi personaggi. Non sorprende, quindi, che la comunità abbia difficoltà a mantenere il controllo su decine di ragazzi che si incontrano per cantare e ballare per le strade. Crescendo, l’ammirazione per le figure pubbliche può trasformarsi in un desiderio di emulazione, spingendo alcuni a cercare di replicare comportamenti trasgressivi che vedono nei video. Le amministrazioni locali, come sottolinea l’assessore alla Sicurezza Luca Caremi, stanno cercando di mediare fra la necessità di divertimento e il rispetto delle regole, ma le sfide si accumulano giorno dopo giorno.
Nonostante gli sforzi, l’effetto che gli artisti producono è tale che ogni nuovo singolo lanciato sembra aumentare la tensione piuttosto che attenuarla. Le strade che una volta erano tranquilli quartieri ora si trasformano in set improvvisati, dove fuochi d’artificio e droni fanno parte della routine serale. Nella lotta per un equilibrio fra la libertà di espressione e la sicurezza, la guerra si combatte in silenzio, fra le strade di Calolziocorte e gli schermi dei nostri smartphone. La questione si rivela delicata perchè, se da un lato non ci si può esimere dal dare voce ai talenti emergenti, dall’altro ci si trova di fronte a responsabilità sociali che non possono essere ignorate.
L’eco della musica trap e della cultura urbana sta avendo ripercussioni tangibili nelle vite quotidiane dei residenti a Calolziocorte. La musica è diventata un veicolo per aggressività ed energia, con città come Calolziocorte che rischiano di trasformarsi in palcoscenico di una guerra generazionale. Il dilemma appare chiaro: come contenere l’energia esplosiva di una gioventù che, armata della musica come arma, prova a rivendicare la propria identità? Le immagini di rapper con armi in mano, piuttosto che con strumenti musicali, ci costringono a riflettere su quale messaggio venga comunicato e come venga recepito dai più giovani.
In un mondo dove la fama si misura in like e condivisioni, le conseguenze di queste nuove icone possono portare a situazioni in cui la realtà e la finzione si fondono, creando un rischio per l’incolumità pubblica. Le parole dell’assessore Caremi possono risuonare come un campanello d’allarme: la società è chiamata a impegnarsi per indirizzare l’energia e il talento giovanile verso canali costruttivi. Un esempio positivo da parte degli artisti potrebbe rappresentare un segnale forte per i giovani, una via alternativa da seguire in un contesto dove il confine fra il virtuoso e il violento diventa sempre più labile. Quel che resta da vedere è se la musica e la cultura possano riallinearsi, ricreando un equilibrio fra libertà e responsabilità.