Il “serale del Verri” ha dato vita a un evento artistico-culturale particolarmente coinvolgente in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Questo incontro ha avuto come protagonisti gli stessi studenti che, insieme ai loro insegnanti, hanno voluto dare voce e sostegno a un tema così rilevante e urgente, utilizzando l’arte come strumento per sensibilizzare e riflettere su un argomento tanto delicato. La partecipazione è stata corale e intensa, testimoniando un impegno condiviso a promuovere una cultura del rispetto e della non violenza.
Il programma della serata ha incluso diverse performance artistiche che si sono snodate con profonda emozione. Il monologo “Le mie dita sanno di zucchero”, recitato dalla prof.ssa Cecilia Andreasi, ha raccontato la vita di una pasticciera e il suo sogno d’amore, risuonando nei cuori di tutti i presenti. Ma non è stato solo questo. Marta Aquilino, una studentessa di Busto Arsizio, ha incantato l’Aula Magna con la sua interpretazione di “Quello che le donne non dicono” di Fiorella Mannoia, accompagnata da una colonna sonora curata dal maestro Simone Olivari e da Mattia Bovo, alunno della classe seconda. Questi momenti non hanno solo intrattenuto, ma hanno anche aperto a riflessioni profonde e necessarie, coinvolgendo studenti e docenti in un dibattito significativo.
La prof.ssa Giuliana Morelli e la prof.ssa Cecilia Andreasi hanno evidenziato come l’arte possa essere un veicolo potentissimo per affrontare temi di grande rilevanza sociale. La risposta entusiasta dei ragazzi ha dimostrato la volontà di fronteggiare la violenza di genere con strumenti formativi che stimolino il confronto e la consapevolezza. Non solo gli studenti, ma anche i professori hanno partecipato attivamente a questa iniziativa, con l’apporto dei loro saperi e competenze.
L’evento si è anche caratterizzato per un momento di riflessione guidato da Maria De Crescenzo, docente di IRC, che ha aperto la discussione ponendo domande fondamentali riguardo al rispetto delle donne e all’educazione necessaria per prevenire la violenza. Ha lasciato il testimone a Martina Marra, un’alunna del quinto anno dell’indirizzo socio-sanitario, la quale ha preparato il suo intervento con la guida della prof.ssa Paola Facchetti, docente di Psicologia. Le sue parole hanno colpito per la lucidità con cui ha esposto le problematiche legate alla violenza di genere, dimostrando che il tema non è solo lontano, ma coinvolge la realtà quotidiana di molti.
I docenti Pierluigi Altea ed Eleonora Tavolaro, entrambi insegnanti di psicologia, hanno poi facilitato un dibattito vivo e coinvolgente con gli studenti. Questo confronto ha rivelato preoccupazioni legittime e la volontà di combattere ogni forma di violenza. Attraverso domande incisive, il pubblico ha potuto esprimere il disdegno verso atti di violenza, includendo non solo abusi fisici, ma anche psicologici. La serata ha permesso di mettere in evidenza che la violenza non è mai accettabile e riflessioni come queste sono essenziali per responsabilizzare le nuove generazioni.
Un punto cruciale emerso durante la serata è stata l’importanza di un cambio culturale profondo. La prof.ssa De Crescenzo ha sottolineato che il contrasto alla violenza di genere è possibile solo con un cambiamento del paradigma culturale e sociale in cui è radicata. È necessario implementare strategie nel lungo termine che prevedano interventi in famiglia, nel mondo del lavoro, e soprattutto nelle scuole. “Sostegno psicologico è fondamentale”, ha aggiunto Martina Marra, evidenziando che sia le vittime che gli aggressori hanno bisogno di un supporto adeguato, per poter intraprendere un percorso di riabilitazione e consapevolezza.
È stato quindi menzionato che la Convenzione di Istanbul gioca un ruolo essenziale nel riconoscere la violenza di genere come una violazione dei diritti fondamentali. Grazie a questa convenzione, il sistema giuridico sta lavorando per migliorare leggi e misure di protezione, enfatizzando la necessità di una cooperazione tra vari ambiti: giudiziario, sanitario e sociale. Le politiche sociali dovrebbero includere misure economiche per sostenere le donne e garantire la loro indipendenza.
Inoltre, sono state discusse misure come il trasferimento delle vittime in strutture sicure e la promozione dell’autonomia lavorativa per garantire sicurezza economica. Paesi come l’Inghilterra hanno già messo in atto queste strategie, e l’Italia si sta muovendo in questa direzione, grazie anche al lavoro delle associazioni locali che forniscono sostegno e protezione alle donne afflitte da violenza.
Ma quale responsabilità hanno le scuole in tutto questo? Hanno il compito cruciale di educare i giovani alla non violenza, contribuendo così a una futura società più rispettosa. Attraverso una formazione che integri la dimensione emotiva e relazionale, i ragazzi possono imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni in modo sano. Perché, come affermato durante la serata, “la mente non si apre se prima non si è aperto il cuore”.
In questo senso, l’evento del corso serale ha lasciato un messaggio potente: il cambiamento inizia dalle parole e dai gesti di ognuno di noi. Studenti e docenti hanno unito le forze per affermare il loro impegno contro la violenza, dicendo a gran voce: “Basta alla violenza sulle donne”. Un’affermazione di speranza nella possibilità di costruire un futuro migliore.