Problemi per chi acquista su Amazon e simili; una tendenza che sta spopolando sui social rischia di svuotare le tasche dei consumatori…
In un mondo sempre più veloce e consumista, si cerca con risultati non sempre perfetti di educare il pubblico a non spendere in maniera forsennata e pertanto a conservare ciò che già si possiede.
Esiste però un fenomeno online chiamato “haul culture” che evidenzia le contraddizioni del consumismo contemporaneo: offre opportunità di condivisione, ma contribuisce a un sistema insostenibile che richiede soluzioni urgenti.
I “haul video” hanno pertanto trasformato il modo in cui vengono condivisi gli acquisti online, diventando un fenomeno culturale con milioni di contenuti diffusi sui social.
Una delle piattaforme di e-commerce più utilizzate al mondo, ovvero Amazon, rischia di essere colpito negativamente da questa tendenza, così come i suoi consumatori.
Un fenomeno social, ma con rischi
In tali video, frequentemente realizzati da utenti giovani su Tik Tok per intenderci, vengono esposti gli acquisti recenti, che spaziano dai capi di abbigliamento ai cosmetici, ricreando un’esperienza similare a quella di fare shopping con un’amica. Tuttavia, la “haul culture” in questo caso ha determinato un incremento degli acquisti impulsivi e dei resi, con conseguenze economiche e ambientali significative.
Secondo quanto riportato da Vogue, il fenomeno dei resi massicci è alimentato da tre tendenze principali. In primo luogo, vi è l’acquisto di prodotti in più taglie o colori al fine di selezionare successivamente solo quelli preferiti. In secondo luogo, emerge il fenomeno del “wardrobing“, ovvero l’acquisto di vestiti con l’intenzione di indossarli una sola volta, per poi restituirli immediatamente. Infine, alcuni consumatori acquistano articoli esclusivamente per scattare fotografie o realizzare video, seguendo microtrend sui social media. Queste pratiche hanno finito per legittimare la tendenza del l’acquisto “di prova”.
Un costo che grava sulle aziende
Le aziende, come Amazon, si trovano ad affrontare costi significativi legati ai resi: dal trasporto alla logistica, fino alla gestione e allo smaltimento. Solamente il 50% degli articoli restituiti viene effettivamente rivenduto, mentre il restante spesso finisce in discarica, aggravando problematiche ambientali come le enormi accumulazioni di rifiuti tessili con aumento delle emissioni di anidride carbonica.
Per affrontare tale problematica, alcune aziende stanno rivedendo le proprie politiche sui resi. Marchi come Zara e H&M per esempio hanno introdotto costi per i resi, mentre altri, come Asos, monitorano i clienti con tassi di restituzione elevati e alcune restrizioni. Soluzioni tecnologiche, come quelle proposte da EcomID, aiutano a personalizzare i costi di reso in base al comportamento dei consumatori. Contestualmente, alcune piattaforme stanno investendo in strumenti per assistere i consumatori nella scelta della taglia appropriata al primo tentativo, riducendo pertanto la necessità di resi multipli.