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Altro che aumento! Le pensioni diminuiscono: a chi tocca la riduzione dell’assegno

I pensionati italiani si preparano ad affrontare un periodo particolarmente difficile, caratterizzato da una riduzione del loro assegno mensile.

Recenti sviluppi hanno rivelato che l’acconto Irpef, calcolato secondo le vecchie regole, ridurrà il reddito disponibile per molti pensionati, con perdite che possono arrivare fino a 260 euro. Ma quali sono le implicazioni di questa decisione governativa e come si sviluppano le dinamiche sottostanti?

A partire da agosto 2025, i pensionati dovranno affrontare un prelievo fiscale maggiore rispetto a quanto dovuto, una manovra che ha suscitato non poche polemiche. Il governo Meloni ha scelto di applicare le aliquote e gli scaglioni di reddito precedenti alla riforma fiscale del 2024 per calcolare l’acconto Irpef. Questa scelta ha scatenato le critiche dei sindacati, in particolare della Cgil, che ha descritto questa manovra come una “vergognosa partita di giro”, evidenziando l’inganno nei confronti dei cittadini.

Il meccanismo dell’acconto Irpef

Per comprendere meglio la situazione, è fondamentale chiarire come funziona l’acconto Irpef. I pensionati, come altri contribuenti, devono versare le imposte sui redditi attraverso un sistema suddiviso in due fasi: il saldo per l’anno precedente e l’acconto per l’anno successivo. Nel caso attuale, l’acconto per il 2025 si basa su una dichiarazione dei redditi del 2024, ma il governo ha deciso di calcolare questo acconto utilizzando scaglioni e aliquote non aggiornati.

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Attualmente, l’Irpef si calcola su tre scaglioni:

  1. 23% per i primi 28.000 euro
  2. 35% per la parte fino a 50.000 euro
  3. 43% per i redditi superiori

Prima della riforma, il sistema prevedeva quattro scaglioni, con un’aliquota del 25% per la fascia tra i 15.000 e i 28.000 euro. Questo cambiamento ha fatto sì che i pensionati con redditi compresi tra 15.000 e 28.000 euro si trovino ora a pagare un’imposta maggiore del 2%.

Le conseguenze sulle pensioni

Questo incremento di imposizione si traduce in un debito di 260 euro per chi percepisce redditi pensionistici pari o superiori a 28.000 euro. La trattenuta avverrà direttamente sul cedolino pensionistico, riducendo immediatamente l’importo percepito dai pensionati. Anche se tali somme verranno restituite con la dichiarazione dei redditi del 2026, l’impatto immediato è una diminuzione della liquidità per i pensionati, già alle prese con costi di vita in aumento e una situazione economica incerta.

Ad esempio, un pensionato con un reddito di 18.000 euro si troverà a dover versare 60 euro in più, mentre uno con 25.000 euro dovrà affrontare un addebito di 200 euro. Queste cifre, sebbene temporanee, rappresentano un colpo duro per una parte della popolazione che vive già con margini di manovra molto ridotti.

L’opinione dei sindacati

La Cgil ha sottolineato come questa situazione penalizzi non solo i pensionati, ma anche i lavoratori dipendenti e autonomi che si trovano nelle stesse condizioni di calcolo degli acconti. Il segretario confederale Christian Ferrari ha denunciato questa manovra come una mancanza di rispetto verso chi ha lavorato una vita intera e ora deve affrontare ulteriori imposte.

In un contesto già difficile, in cui l’inflazione continua a erodere il potere d’acquisto, la decisione del governo di applicare regole obsolete per il calcolo dell’acconto Irpef sembra destinata a generare malcontento e tensione sociale. La questione solleva interrogativi su come il governo intenda gestire la situazione economica e fiscale, specialmente in un momento in cui la fiducia dei cittadini è già in crisi.

I pensionati italiani si trovano, dunque, di fronte a un panorama complesso e insoddisfacente, dove le promesse di aumenti e miglioramenti si scontrano con una realtà ben diversa, fatta di riduzioni e incertezze.

Published by
Clarissa Missarelli