Le performance delle aziende sanitarie territoriali in Italia sono state al centro dell’attenzione recente, in particolare con la presentazione dei dati aggiornati al 2023 da parte di Agenas. Questo rapporto, presentato al Forum Risk Management di Arezzo, offre uno spaccato su quali sono le aziende che si distinguono per eccellenza e quali, invece, faticano a raggiungere standard elevati. Non è solo un numero: si parla della qualità dei servizi che incidono sulla vita dei cittadini. Ma chi sono i migliori e i meno performanti in questo panorama sanitario?
La lista dei top performer in Italia è composta da cinque aziende straordinarie. Al primo posto troviamo l’Azienda Ulss n.8 Berica di Vicenza, seguita da Ats di Bergamo e dall’Azienda Ulss n.6 Euganea di Padova. Non possiamo dimenticare neppure l’Azienda Ulss n.1 Dolomiti, insieme all’Azienda Usl di Bologna. Questa selezione, che riflette una serie di valutazioni, mette in luce come la qualità della sanità pubblica possa variare anche nel nostro Paese. Se alcune aziende brillano per l’eccellenza offerta, altre decisamente faticano nel mantenere standard soddisfacenti. Infatti, le aziende sanitarie meno performanti risultano essere l’Asl Napoli 1 Centro, l’Asp di Crotone, l’Asl di Matera, l’Asp di Enna e l’Asp di Vibo Valentia. Che cosa emerge da queste differenze? Non si tratta solo di numeri, ma di vite umane che dipendono da un servizio efficiente o, al contrario, da uno carente.
Il monitoraggio effettuato da Agenas abbraccia tutto il territorio italiano, esaminando ben 110 aziende sanitarie territoriali. La valutazione si basa su 34 indicatori, suddivisi in sei aree principali: prevenzione, assistenza distrettuale, assistenza ospedaliera, sostenibilità economica e patrimoniale, outcome e altro. Ogni area include dodici sub-aree, per garantire una valutazione quanto più completa e dettagliata possibile. Agenas ha dato vita a un sistema di classificazione che, sebbene complesso, permette di identificare chiaramente quali aziende si trovano ai vertici e quali necessitano di un intervento di miglioramento. Questo approccio ha portato a risultati chiari: delle 110 aziende analizzate, 27 hanno ricevuto una valutazione complessiva buona, 53 hanno una valutazione intermedia e le restanti 30 sono considerate migliorabili.
Focalizzandosi sull’area della prevenzione, il report mette in risalto indicatori che mostrano come le Asl del Nord-est facciano registrare livelli di screening, ad esempio per tumori mammari, cervicali e colonnari, ben più alte rispetto alle loro controparti del Centro e del Sud Italia. È curioso notare che nel report si parla esplicitamente di un urgente bisogno di migliorare queste percentuali nel resto del Paese, dove i valori rimangono mediamente bassi. Questo processo di screening è fondamentale, e i dati suggeriscono che ci si deve concentrare di più su campagne di sensibilizzazione e assistenza. La frase “gli screening salvano vite” non è mai stata così vera come in questo caso e investire in questo tipo di programmi potrebbe fare la differenza nella salute pubblica.
Passando all’assistenza distrettuale, la situazione è molto omogenea a livello nazionale. Gli indicatori analizzati, come dotazione dei servizi, cure primarie e ospedalizzazioni evitabili, mostrano che spesso le performance delle Asl si attestano a livelli medio. Eppure, il report sottolinea anche un elemento critico: nonostante la homogeneous performance, esistono disparità significative fra le diverse aree geografiche del Paese. Questo porta a riflessioni importanti sul modo in cui le risorse vengono allocate e alla necessità di un’analisi più profonda delle richieste territoriali e delle carenze esistenti.
La valutazione relativa all’assistenza ospedaliera rivela un quadro piuttosto variegato. Indicatori come la degenza media nei reparti di medicina interna o geriatria e i tempi di attesa per interventi chirurgici selezionati pongono in evidenza notevoli differenze di performance tra le diverse aziende ospedaliere. Qui, Nord e Sud dimostrano di avere sia eccellenze, che situazioni di difficoltà. Questo doppio volto delle strutture ospedaliere sotto il profilo organizzativo è, in sostanza, emblematico di come l’intero sistema sanitario stia evolvendo o, in alcuni casi, stia stagnando.
L’area della sostenibilità economico-patrimoniale ha fatto emergere un certo numero di preoccupazioni. Le aziende del Centro-Nord tendono a mostrare performance superiori rispetto a quelle del Sud, in termini di costi pro capite e tempestività nei pagamenti. Inoltre, l’area degli investimenti mette in evidenza come, in generale, le performance siano piuttosto basse, ad eccezione di rare eccezioni. La pianificazione di investimenti adeguati, quindi, risulta fondamentale. Migliorare la situazione economica delle aziende sanitarie è non solo un obiettivo ma un imperativo, per garantire un servizio sempre all’altezza delle necessità di salute pubblica.
Infine, parlando delle migliori aziende ospedaliere, risultano emergere cinque strutture che fanno da esempio per tutta Italia: l’Azienda Ospedaliera Ao Santa Croce e Carle, l’Aou di Padova, e tre ospedali romani, ossia l’Aou Policlinico Tor Vergata, l’Aou Sant’Andrea e l’Aou Policlinico San Matteo. Queste strutture non solo eccellono in termini di organizzazione, ma offrono anche importanti spunti di riflessione su come gestire al meglio le risorse. Anche in questo caso, i dati parlano chiaro: sono state analizzate 51 aziende ospedaliere, non considerando gli Irccs e le aziende mono specialistiche.
L’analisi di Agenas, esaminando le dinamiche di accessibilità e sostenibilità, rivela un quadro ricco di spunti e necessità di miglioramento. La strada da percorrere per garantire un Servizio Sanitario Nazionale che risponda pienamente alle esigenze di salute dei cittadini è ancora lunga.