Scoprire l’arte e la storia dietro il tabernacolo portatile di Taddeo Gaddi
Nel cuore della Firenze storica, il complesso monumentale di Santa Croce ospita una mostra davvero affascinante dedicata a uno dei capolavori dell’arte trecentesca: il tabernacolo “portatile” di Taddeo Gaddi. Questa esposizione non solo offre uno sguardo sulle meraviglie artistiche dell’epoca, ma racconta anche un capitolo significativo della comunicazione religiosa francescana. Scopriamo insieme i dettagli di questa affascinante mostra e l’importanza del tabernacolo, un’opera che ha delle storie da raccontare.
Il progetto di comunicazione dei frati francescani, avviato dopo le celebri Stimmate di Francesco d’Assisi, rappresenta un’epoca ricca di sfide e innovazioni. La ricorrenza della visione stimmatizzata di Francesco avvenne nel 1224 a La Verna, ma le conseguenze di quell’evento si diffusero ben oltre quel luogo sacro. I frati, consapevoli del rischio di essere accusati di eresia in un periodo così delicato, iniziarono a cercare modi per far conoscere al mondo la vita e le esperienze del Poverello d’Assisi. Ecco dunque che la comunicazione visiva divenne fondamentale. I pittori realizzarono opere che potessero documentare e celebrare la conformità di Francesco a Cristo senza però esporre completamente i segni della sua trasformazione.
La rappresentazione delle stimmate, infatti, è stata progressiva. Le prime opere, come quelle del Maestro della croce 434, mostrano le ferite solo alle mani e ai piedi, per poi allargarsi all’inclusione della ferita nel costato, un elemento di grande significato. Ciò suggerisce una cautela emotiva e narrativa nell’arte di quel tempo, un equilibrio delicato tra la devozione e la necessità di non urtare le sensibilità. Il tutto è presentato magnificamente nella mostra “La croce che fiorisce e le Stimmate di Francesco” presso il Refettorio d’inverno di Santa Croce, in occasione degli ottocento anni dalla stimmatizzazione del Santo.
Il tabernacolo “portatile”: arte, storia e iconografia
Tra le gemme artistiche esposte, il tabernacolo “portatile” di Taddeo Gaddi si distingue per la sua originalità e il suo vero significato all’interno della pittura del Trecento. Questa opera mai esposta al pubblico prima d’ora è composta da scene evangeliche che spaziano dal Battesimo di Gesù fino alla Crocifissione, con l’inclusione di santi chiave, ovviamente tra cui Francesco stesso. Le immagini rivelano non solo abilità artistica, ma anche una profonda connessione con il messaggio del cristianesimo, riflettendo le influenze e i bisogni spirituali del pubblico dell’epoca.
La caratteristica più affascinante del tabernacolo è sicuramente la sua rappresentazione unica della Crocifissione, che si presenta come una variante della tradizionale “croce che fiorisce”. Questa rappresentazione, che invita alla contemplazione, ricorda anche l’importante affresco dell’Albero della Vita, anch’esso di Gaddi, situato nel vicino Cenacolo. Il tabernacolo funge anche da testimonianza dell’eredità del maestro, allievo di Giotto, il cui genio nostalgico è palpabile in questa opera. Nel contesto della mostra, questo tabernacolo si rivela una chiave di lettura per comprendere il messaggio che i frati cercavano di trasmettere nell’arte religiosa.
Un luogo di riflessione e di produzione artistica
Non è casuale che il tabernacolo portatile e altre opere significative siano collegate a Santa Croce. La basilica è stata per secoli un fulcro di riflessione sulla vita di Francesco e sul potere simbolico della Croce. Oltre a fungere da luogo di culto, Santa Croce era anche sede dell’Inquisizione, il che la rendeva un punto strategico per la produzione di opere religiose che esploravano la spiritualità in un contesto di rigoroso controllo e vigilanza. Speculando ulteriormente, alcuni storici ipotizzano che Gaddi potesse aver realizzato il tabernacolo intorno al 1320 per un frate inquisitore, un dato che sottolinea le interazioni tra arte, religione e potere in quel periodo.
La mostra, che sarà aperta fino al 30 marzo, offre un’opportunità unica per approfondire i cambiamenti avvenuti nel modo in cui le stimmate e la figura di Francesco venivano rappresentati tra la metà del Duecento e il Trecento. Curatori come Sonia Chiodo, Giovanni Giura, Anna Pegoretti e Federico Rossi hanno unito competenze per portare alla luce manoscritti e opere d’arte, restituendo al pubblico un patrimonio che ha viaggiato attraverso i secoli. Dallo scorrere delle pagine dei testi antichi ai dettagli delle pitture, ogni elemento della mostra ci conduce verso una comprensione più profonda della spiritualità cinquecentesca e del suo impatto sulla cultura fiorentina.
L’Opera di Santa Croce, guidata dalla presidente Cristina Acidini e dal segretario Stefano Filipponi, mira a presentare queste opere d’arte in un modo che non solo informi ma che affascini visitatori di ogni tipo, rendendo l’esperienza non solo istruttiva, ma anche immersiva. Una vera festa per gli occhi e per la mente, dove il patrimonio culturale fluida nel tempo, incontrando le generazioni attuali.